domenica 18 ottobre 2015

L’informale impressionismo di un artista in continua evoluzione: FRANCESCO OTTOBRE - Alessandro Rizzo





Esiste un percorso che non può essere liquidato solamente come “formativo”, seppure siano tappe chiare di un iter autodidatta molto complesso, attento e consapevole, nella produzione artistica di Francesco Ottobre: possiamo parlare di un viaggio che conduce verso un’evoluzione tecnica elaborativa, da un lato estetica e concettuale, dall’altro tale da rendere l’aspetto esteriore e visivo contenuto della propria opera. La poetica di Francesco Ottobre è in continua dinamica così come lo è la sperimentazione di uno stile che fa dell’autore autonomo creatore di idee, di invenzioni e di produzioni di opere originali e di impatto. Francesco Ottobre si nutre molto del figurativo informale, apprezza e quasi cresce nel solco della visione impressionista che ha i suoi albori in Monet: inquadra, però rielaborando gli elementi costitutivi di tale cultura artistica che ha scritto pagine di letteratura di fine ottocento, in una dimensione personale viva di esperienze ed emozioni che lo stesso autore ha potuto affrontare soggettivamente, intimamente, personalmente. Colpiscono così le sue opere dedicate ai paesaggi informali, non accademicamente riprodotti come fossero meri esercizi funzionali, tale da dare loro un concetto che va oltre al lato tangibile e reale giungendo verso dimensioni iper-reali, surreali, in un certo senso: punti di via attenti che offrono dimensioni interpretative varie. Si rivive così quella dimensione reale, paesaggistica; ed è qui la dirompenza impressionista di Ottobre, anticamera di altre dimensioni narrative figurative tanto da rendere permeabile il nostro intelletto e le nostre emozioni a nuove forme che non sono riassumibili nell’oggetto percettibile. La narrativa pittorica di Francesco Ottobre non si accontenta del dato, non è l’apologia dell’oggetto reale: vuole reinterpretarlo rendendo la tecnica elaborata sperimentale, dall’olio all’acrilico, funzionale a concedere concettualità all’opera prodotta e proposta. 
La città, i paesaggi metropolitani sembrano neworkesi, allegorie vere e proprie dell’alienazione e della frenesia della vita, spesso notturna, della quotidianità cittadina di una megalopoli; le figure dei passanti diventano percettibili sagome racchiuse da una massa di colore che si muove, lato cinetico della rappresentazione di Francesco Ottobre, in modo uniforme nella parte bassa del dipinto, quindi tormentata e affollata, per ergersi ed elevarsi, attraverso la longitudine della verticalità degli edifici e dei grattacieli, una visione liberatoria e che contornano come cornici rappresentative, il rappresentato. La vita notturna è fatta di luci e movimento di automobili spesso immagini di esse solamente, spesso sagome stilizzate, spesso chiazze cromatiche evocative, qui la forza e la consapevolezza del gioco del colore, sapiente quanto naturale, quanto interiormente presente nell’animo dell’autore che danno senso a quel contrasto della contraddittoria esistenza umana moderna e cittadina, tale da rarefare le tonalità dei colori rendendole più omogenee e scure man mano che si proceda verso l’alto donando quel senso di liberazione e di congiungimento con dimensione intima e interiore che solo la visione del cielo, unico lato naturale rimasto invariato nel panorama metropolitano, può donarci. La prospettiva è chiara e forte dandoci quel senso di profondità e quella capacità architettonica che riporta alla memoria le grandi rappresentazioni di un Leon Battista Alberti o di un Vitruvio, letture quasi scientifiche ma allo stesso tempo estetiche di una città. L’architettura, che diventa un gioco geometrico, è parte integrante nella produzione di Francesco Ottobre tanto da costituire vere e proprie opere in bassorilievo, scolpite su supporto ligneo, sculture la dimensione tridimensionale di scorci di borghi e di quartieri della sua amata Formia, portando lo spettatore a inoltrarsi nella realtà plastica.
Anche in questo caso Francesco Ottobre sperimenta nuove tecniche per donare prospettive e visioni mai contemplate; si nutre molto di Van Gogh nello stile e nell’idea rappresentativa e creativa quasi da riportarne la viva poetica nella dimensione attuale di un panorama metropolitano notturno. È ancora New York che si erge all’orizzonte nella sua “sky line”, qui la simmetria dell’opera nella sua interezza, nella vasta massa oceanica espressione di quella quiete notturna che ci dona un’impareggiabile sensazione visiva e cromatica. Il colore profondo e scuro ci conduce a rappresentare il silenzio quale concetto rigenerante: la luna, che tanta arte figurativa e letteraria ha ispirato, diventa protagonista nella dimensione spaziale dell’opera equilibrando quel vuoto notturno di un cielo uniforme portandoci a formulare domande sull’umana esistenza e sul suo significato astronomico. È così che l’apogeo della produzione artistica di Francesco Ottobre si esplica in quei paesaggi invernali, paesaggi di pianura che sembra quella padana, dove la percezione della pesantezza dell’aria, del suo peso quasi tangibile, diventa protagonista di una condizione esistenziale di una natura dormiente ma pronta ad esplodere e rigenerarsi; uniformi le tinte e le luci sapientemente calibrate sulla tela. È quindi, quello di Ottobre, un percorso completo nella sua evoluzione poetica seppure pieno di quella intensità e carica volte a sperimentare nuove tecniche originali quanto autonome, e nuovi soggetti.

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