Ti va di presentarci la tua opera? (Trama, genere)
...A Saint Joseph gli orfani erano come gli scarafaggi, ma ce n’era uno che
non aveva nessuna voglia di morire...
Ci sono bambini che
hanno la fortuna di nascere in famiglie amorevoli, che non gli fanno mancare
nulla, altri, ahimè... Per questi la vita è stata ingrata, per uno strano
destino vengono lasciati soli, abbandonati, in balia degli sfruttatori,
costretti a vivere nonostante tutto. Phil era uno di loro.
<<...Nel tuo
caso hai due possibilità,>> Sospirò tirando una boccata di fumo,
<<la prima la conosci, la seconda non è
altro che l’inevitabile conseguenza di chi non rispetta la prima, ho una Smith
& Wesson carica sotto al sedile, ammazzarti non mi costerebbe alcuna
fatica, l’unica noia sarebbe quella di sbarazzarmi della tua lurida
carcassa...>>
<<...Io sono la
giustizia, hai fatto un grosso errore...>> Blake scoppiò in una risata
isterica e gli spense il sigaro sulla mano e continuando a ridere con quella
sua risata del diavolo, disse:
<<In mancanza di giustizia, la legge me la faccio
da solo.>>
Colt Python 357 è una crime-fiction che si svolge contemporaneamente in
Louisiana e a Marsiglia, intorno alla fine degli anni cinquanta, i protagonisti
sono dei gangster e la maggior parte di loro, a differenza di “quei bravi
ragazzi” non hanno scelto di esserlo, diciamo che il delinquente è la massima
aspirazione di chi nasce in una realtà difficile e si ritrova a dover crescere
tra la strada e il riformatorio...
<<Prima di alzarmi contro qualsiasi
accusa, dovreste chiedervi cosa si prova a vivere un’infanzia difficile, quando
tutto ti è precluso fin dall’inizio e la tua casa è la strada,>> direbbe
Philip, <<se vostro onore si chiedesse queste cose, forse capirebbe cos’è
che porta un individuo “dall’infanzia difficile” ad agire in un modo anziché in
un altro, è facile condannare qualcuno, soprattutto se non si conoscono le
cause che l’hanno spinto a compiere quella determinata azione, giusta o
sbagliata che sia, questo non significa che io ne giustifichi il motivo,
semplicemente comprendo e ne accetto le conseguenze.>>
La nostra infanzia è il bagaglio a mano che
ci portiamo per tutta la vita. È naturale che se un albero giovane non viene
curato con gli adeguati mezzi, verrà su storto, ma la mancanza di tali mezzi,
(seppure storto,) non gli impedirà comunque di crescere.
Colt Python 357 è l’intreccio delle
storie di questi “bambini dall’infanzia difficile” che in un modo o nell’altro
sono cresciuti e si sono organizzati, prendendosi tutto con la forza e amministrando
la giustizia un po’ a modo loro, con l’unico linguaggio che gli è stato
insegnato: la violenza della strada.
2. Da dove ti é arrivata l'ispirazione?
Non so di preciso come abbia trovato l’ispirazione, forse avrò sognato
qualcosa dopo aver cenato pesante? So soltanto che la magia è avvenuta, un po’
come quando s’impara a leggere e magicamente quegli incomprensibili grafemi
diventano lettere e i libri ti parlano. Fin da piccola sono sempre stata
affascinata dalla figura del giustiziere e adoravo quei vecchi cartoni, dove
gli stupidi scagnozzi grandi e grossi, prendevano ordini e chiamavano capo il
gangster tappetto, che si dannava perché i suoi scagnozzi rovinavano sempre i
suoi piani. Inoltre adoravo (e adoro ancora) i film di Sergio Leone, in
particolare “C’era una volta in America”, che ritrae in particolar modo la
realtà dei ragazzi difficili che si ritrovano a dover crescere in un ambiente
ostile come la strada.
3. Parlaci di uno dei tuoi personaggi che ami particolarmente e perché.
Questa è una scelta ardua, ma come il caro Dickens, devo confessarvi che
anch’io ho un orfanello prediletto, e dovendo tirare in ballo un personaggio
che amo, non potrei non parlarvi di Phil, (mi spiace per Léon, ma parlerò di
lui quando uscirà il prossimo libro). Ci sono dei personaggi che rubano il
cuore al lettore, ma soprattutto allo scrittore, (spero che i lettori non se ne
abbiano a male, ma qui si tratta dei miei “bambini”... prendiamo ad esempio un
cantante famoso, sì, i suoi fan possono amarlo alla follia, ma come l’ha amato
la sua mamma che lo ha cresciuto, è un po’ difficile...)
Phil è un uomo buono, lui tra gli scarafaggi e i topi di fogna ci si è
trovato, Phil è un poeta-filosofo della strada, Phil è uno di quei pochi
giustizieri che seguono ancora un codice d’onore. Praticamente è il mio eroe,
anche se ha molti difetti, (difetti che io amo), è geloso, possessivo, e ha il
vizio di rimuginare su tutto e sta sempre a litigare con Baby-Fesso, il suo
“socio minoritario”, anche se sotto sotto si farebbe ammazzare per lui. Ha la
vocazione del leader, non a caso è il capo della sua gang, all’apparenza non
sembra provenire dalla strada, non sopporta parlare del suo passato, ha la
passione per le Rolls-Royce, e da bravo irlandese adora il Whisky. Veste elegante
“proprio come un gangster di quelli che si vedono al cinematografo” e oltre
all’immancabile gilè, porta sempre la sua Smith and Wesson 41 modificata. È un
tipo paziente e piuttosto riflessivo, ma se si arrabbia è capace di fare una
strage. È molto portato per la mediazione, è un’artista nel persuadere la
gente, ma bisogna fare molta attenzione quando mostra “quell’altro sorriso”,
nessuno può rifiutare di concludere un affare con lui, la vita gli ha insegnato
a prendersi sempre ciò che vuole e quando lo decide lui. È simpatico, ha molto
senso dell’umorismo e quando alza un po’ troppo il gomito incanta tutti con le
sue storie da cabaret.
Anche se spesso è costretto a fare il duro, sotto la sua corazza ha un buon
cuore, è esageratamente generoso, non dimentica mai una promessa e chi gli sta
intorno non può fare a meno di volergli bene. Ha un debole per la sua piccola
Janice e anche se non ha il grilletto facile, in caso di pericolo non esita
certo a sfoderare la 41, una cosa è certa: nessuno può toccare la sua adorata
bambina.
Ho una particolare affezione per questo personaggio perché rispecchia il
carattere di una persona a me tanto cara, all’inizio avevo già creato una bozza
di quello che doveva essere la spalla di Baby-Fesso, ma poi Phil ha preso il
sopravvento, dimostrandomi subito la sua natura di capo, di giustiziere e di
padre premuroso. La cosa curiosa è che successivamente ho incontrato il mio
Phil e ha letteralmente sconvolto la mia vita.
4. Dicci qualcosa in più sul tipo di editing che hai scelto (casa editrice,
self publishing etc...) e se ti va della tua esperienza in campo editoriale.
Puoi aiutare chi sta muovendo i primi passi.
Questa faccenda ha dell’incredibile: la scorsa estate mi lamentavo tanto
con mio padre perché non avevo nessuna voglia di partire, avrei volentieri
preferito restarmene a casa a fare le ultime correzioni di Colt Python 357,
(che avevo finito con tanta fatica e soddisfazione, per colpa di questo piccolo
capolavoro ho rischiato addirittura di giocarmi il quarto anno!) Ma mio padre
aveva insistito tanto, così senza fare troppe storie, entro in macchina e come
al solito mi attacco alle cuffie, (non posso vivere senza musica). Poi,
arrivati al casello, mio padre mi da un pezzo di carta mezzo ciancicato e mi
dice “vedi un po’ che cos’è”. “Papà è una casa editrice!” Esulto, “Potrò
finalmente presentare il mio libro!” “Visto Elena?” Mi sorride mia madre, “E tu
che ti lagnavi tanto di voler restare a Roma!” Così bacio quel pezzo di carta
sperando che mi porti un po’ di fortuna, lo ripongo nella mia immancabile
cartellina azzurra che mi porto sempre dietro come il mio piccolo artista
girovago, (altro personaggio di un’altra storia) e spero. Attualmente quel
pezzo di carta è il mio segnalibro portafortuna. Storielle a parte, ho un
contratto di due anni con Aletti Editore, una casa editrice che da una
possibilità agli esordienti che molte case editrici non danno e mi sono trovata
bene, non hanno apportato tagli o censure, il mio libro è sia cartaceo che in
e-book, è disponibile in Feltrinelli, sul sito della casa editrice, su ibs.it,
su Amazon e in altre librerie della mia zona. Certo è naturale che io abbia
acquistato un po’ di copie come da contratto, ma d’altronde è naturale, se
neanche i tuoi parenti sono disposti a investire un centesimo su di te,
figurarsi se è disposto a farlo uno sconosciuto! Parliamoci chiaro, oggigiorno
quasi nessuno si prende il rischio di investire i suoi soldi su uno
sconosciuto, (così giovane per giunta). Adoro le favole, ma nella vita reale è
veramente raro, se non a tratti assurdo, che il grande produttore americano si
faccia una passeggiata dietro le quinte e noti la tipa che in quel momento al
posto di pulire il pavimento sta ballando con lo spazzolone e il produttore in
questione ne rimane talmente colpito da gridare: “Eccoti finalmente, stavo
cercando proprio te, sarai tu la protagonista del musical!”
5. La tua opera preferita e i tuoi autori di maggiore ispirazione.
“L’isola dimenticata” di Enzo Jemma o “le avventure di Tom Sawyer”. Adoro
Mark Twain, ma anche Steve Hamilton con Combinazione mortale, Carlos Ruiz Zafòn
con “l’ombra del vento” e “il gioco dell’angelo”, Mario Puzo con “il padrino”
da cui è stato tratto l’omonima e famosissima trilogia di film, grande capolavoro
per gli amanti del mio genere... Ah e ovviamente Harry Gray il celebre gangster
scrittore dalla cui biografia è stato tratto il mio film preferito: “C’era una
volta in America.”
6. Un consiglio ad un autore emergente.
Questo più che un consiglio da dare a un autore emergente è un consiglio
che darei a mio figlio se ne avessi uno e anche a tutti coloro che hanno un
sogno e la volontà di realizzarlo; come diceva la madre di Edoardo Bennato
nella celebre canzone: non farti cadere le braccia, corri forte, và più forte
che puoi, non devi voltare la faccia, non arrenderti né ora né mai.” Mai
arrendersi, non date retta a quelli che vi dicono che non arriverete mai da
nessuna parte, non date retta a quelle donne di spettacolo che come consiglio a
chi vorrebbe seguire le loro orme, dicono: “Ragazze, lasciate perdere, è
dura...” Mai dare retta a chi dice di lasciar perdere e non lasciatevi
abbattere da chi si diverte a schiacciare le aspirazioni degli altri, difendete
il vostro sogno come ho sempre difeso i miei “scarabocchi” e le mie
“storielle”, perché tutti i libri,
compresi i grandi pilastri miliari della letteratura, prima di essere
definiti tali, erano bozze e prima ancora di essere bozze erano idee, erano
sogni. E se nei nostri sogni non ci crediamo noi per primi, state certi che non lo faranno gli altri e
come dice uno dei miei personaggi al piccolo conte, “Se permetti che qualcosa o
un ostacolo ti freni, allora vuol dire che il tuo non è un sogno, bensì un
capriccio.” Ovviamente il mio piccolo conte, obietta, difendendo il
pianoforte, la sua ragione di vita:
“Ti sbagli, per me la musica è molto più di uno stupido capriccio! Se così
fosse non ne soffrirei tanto...” A quel punto il suo insegnante privato, gli
mostra un largo sorriso e gli risponde:
“Molto bene, adesso sta a te dimostrare al mondo e soprattutto a te stesso
che non è così.”
7. Dicci qualcosa di te.
Se vi dico che amo leggere e scrivere sono ripetitiva?
Dunque, ho diciotto anni, (diciannove il ventuno marzo),vivo a Roma,
frequento il quinto anno di liceo linguistico. Ho tre fratellini a cui racconto
sempre le mie storie, uno in particolare credo sia il mio fan numero uno.
Mi piace moltissimo la ginnastica artistica, fin dalla quinta elementare
passavo interi pomeriggi ad allenarmi in palestra, per strada, dentro casa, la
mia specialità era il corpo libero e lasciarla quasi un paio di anni fa è stata
una sofferenza.
Amo la musica, mi piace cantare e suonare, (attualmente sto lavorando
all’ipotetica colonna sonora dell’ipotetico film del mio libro per quando sarò
regista.) Amo l’arte in tutte le sue forme, mi piace creare, dare vita alle
cose più disparate, ho persino fatto una statua di carta pesta che riproduce un
personaggio di una mia storia, ( non fateci caso, devo essere matta, ma a me
non dispiace, in finale la mia è una pazzia creativa.) adoro il cinema e il
teatro, in particolare sono attratta da tutto il lavoro che si cela dietro le
quinte di un’opera e confesso che non mi dispiacerebbe affatto un futuro da
sceneggiatore. Sono una sognatrice e sono anche piuttosto testarda e ambiziosa,
non c’è mai stato verso di farmi fare qualcosa che non volevo, ma quando credo
in qualcosa ci metto l’anima. Non sono una persona competitiva, l’unica
competizione è quella che ho con me stessa, che mi porta ogni giorno a
superarmi, a fare di meglio... Ah, e non mi piace parlare di me, preferisco di
gran lunga lasciare la parola ai miei personaggi e alle mie storie, tant’è che
quando esco con gli amici, al posto di raccontare i fatti miei, inizio a raccontare i pezzi delle mie storie
e delle volte non posso fare a meno di concedere piccole anticipazioni e questo
mi ha assicurato il soprannome di “Spoiler”.
8. Cosa ti ha avvicinato alla scrittura?
Fin da bambina ho sempre avuto molta fantasia, adoravo le storie che mi
raccontava mia madre, al punto da imparare subito a leggere e scrivere, ancora
prima di andare alle elementari. Ricordo che passavo i miei pomeriggi a
scribacchiare storielle, a giocare, a leggere libri di favole e a cambiarne i
finali se questi non mi piacevano. Non mi è mai dispiaciuto scrivere, anzi,
adoravo inventare storie da scrivere sui temi in classe e da raccontare agli
amici. Una volta alle elementari ci proposero un concorso per scrivere una
favola e ci rimasi male quando la maestra non spedì il mio racconto, dicendo
che era un racconto mediocre e che potevo fare di meglio, ma questo non bastò a
smontare la mia voglia di raccontare storie e di divorare interi libri di
favole e d’avventura, (Tom Sawyer e Pinocchio sono stati i miei fedeli compagni
di viaggio). In quarta elementare scrissi una storia di cui m’innamorai, storia
che prese vita attraverso i miei disegni e quelle zampe di gallina scritte a
replay, storia che avrebbe gettato le basi di “Scommessa di
mezzanotte”, un fantasy noir stile Tim Burton che ho scritto in seguito, (devo
ricordarmi di riadattarlo, attualmente giace tra le mie scartoffie). All’epoca
avrei tanto voluto trarne un libro illustrato, e ci provai più volte, ma dato
che scrivere è un lavoro impegnativo che richiede parecchia pazienza, (ed io
ero una bambina piuttosto impaziente), decisi tristemente di abbandonare
l’idea: “Mamma, io non sarò mai una scrittrice”, sentenziai a malincuore
riponendo il quaderno e strappando il disegno che ritraeva la protagonista
della mia storia in modo molto rudimentale, “scrivere non fa per me, ci vuole
troppa pazienza, non riuscirò mai a finirlo...”(Ma quest’idea non smise certo
di tormentarmi negli anni avvenire, questo fino alla prima stesura del libro
avvenuta circa quattro o cinque anni fa).
Mi riavvicinai allo scrivere una sera a tredici anni, quando iniziai a
raccontare una storia ai miei fratellini, che come sempre non avevano nessuna
voglia di dormire, così, come al solito mi lasciai guidare dalla fantasia e
cominciai, fu allora che avvenne la magia... Certo non ne venne fuori il tipo
di storia che Wendy di Peter Pan avrebbe raccontato ai suoi fratellini, ma fu
allora che mi venne in mente colui che mi avrebbe tenuto compagnia per molto
tempo, fu allora che mi venne in mente Sonny, il temibile gangster dal
grilletto facile, indiscusso protagonista di tutta la saga di Colt Python 357,
quella notte ricominciai a scrivere... C’era il mio eroe, in piedi, voltato di
spalle in tutta la sua splendida e avvenente figura, era intento a suonare un
pezzo al pianoforte, mentre Samantha, una dolce fanciulla dal viso bambino se
ne stava lì, nascosta in un angolino dietro quella porta ad ascoltarlo in
silenzio... Giuro, in quel momento anch’io sentii di provare quell’amore
tormentato che di lì a poco li avrebbe legati per sempre.
Finire quella prima bozza fu per me una scommessa contro me stessa, ma
anche l’inizio di un grande sogno. Avevo iniziato a scriverlo per non
dimenticare e alla fine mi accorsi che scrivevo per vivere. Ben presto la mia
mente divenne popolata da un infinità di personaggi e situazioni, personaggi che pian piano si sono staccati
dalla carta fino a camminare sulle loro gambe, a fare tutto di testa propria e
ad amare con il loro cuore in quel magico teatrino di emozioni. Se prima, da
bambina la mia mente era eternamente affollata dai giochi che inventavo ogni
giorno, con l’adolescenza questi giochi si sono evoluti e scrivendo è un po’
come se non avessi mai smesso di giocare. “Mamma quando sarò grande non
smetterò mai di giocare, è troppo bello per poterci rinunciare,” Le ripetevo
raccogliendo le pentoline, “molti grandi sono tristi e noiosi perché non
giocano più... Ma mamma, perché non giocano più?” Chiedevo con quell’impazienza
bambina, l’impazienza di chi vuole sapere tutto quello che è possibile sapere.
“Forse l’hanno dimenticato...” Mi rispondeva, senza smettere di giocare con
me (lei era un caso a parte, la mia era una mamma “piccola” ed io ero la sua
bambola, diciotto anni di differenza non sono poi molti), “Forse hanno
dimenticato di essere stati bambini
anche loro...”
“Com’è possibile?” Insistevo insoddisfatta della risposta. Mia madre alzava
le spalle sospirando, “Succede alla maggior parte delle persone tesoro...”
“Beh, a me non succederà, io non smetterò mai di giocare...” Sentenziavo
convinta della promessa fatta a me stessa, e devo dire che tutto sommato l’ho
mantenuta.
9. Un progetto presente ed uno futuro.
Mi mancano due capitoli alla fine del mio prossimo libro,
“Il custode di un sogno”, questa volta sarà un libro illustrato e non sto più
nella pelle, anche perché si tratta di una tragicommedia nel vero senso della
parola e stavolta il protagonista non è un gangster, bensì un giovane artista
un po’ imbranato, che quando non ha la penna in mano e il naso in un libro è
una catastrofe ambulante e stavolta è lui a raccontarsi in prima persona in
chiave comica, tragica e a tratti autoironica e a raccontare del suo pazzo
mondo a volte grigio, a volte arcobaleno. E scherzando come sa fare lui,
affronta anche tematiche piuttosto delicate, ad esempio il complesso
dell’abbandono del padre, la depressione e il fatto che non riesca a decidere
se per lui è più buona la crêpes alla fragola o quella al cioccolato e nel
dubbio le mangia entrambe, così s’innamora a volte di un maschietto, a volte di
una femminuccia, con una leggera propensione per i maschietti. Giunge alla
conclusione che è possibile innamorarsi di chiunque a prescindere dal proprio
sesso d’appartenenza. Non bisogna però dargli necessariamente del bisex,
preferisce definirsi Jacques e basta, anzi, Jacques Bohémien, il cantastorie,
il sognatore e delle volte, quando si sente giù, il fallito. Ovviamente per
essere uno dei miei personaggi, oltre ai suoi pregi, (pregi che lui non sa di
avere), non può mancare di numerosi difetti, è uno scansafatiche, si lagna
facilmente, è estremamente cocciuto e delle volte è un po’ infantile e
capriccioso e ha sempre la testa fra le nuvole, (wow, è il mio alterego!) ma
come afferma Antoine, i suoi pregi lo rendono unico e i suoi difetti te lo
lasciano amare.
Come progetto del mio prossimo futuro conto di
pubblicare il prequel di Colt Python 357 e (per la gioia di Léon e di quel
perdigiorno di suo fratello,) spero di completare i miei “principattoli”,
volevo dire “I principi di Marsiglia”, un romanzo tutto incentrato su due
personaggi di Colt Python 357, che a differenza di Sonny e Phil, hanno avuto
un’infanzia diversa, confinati in una lussuosa gabbia apparentemente dorata,
con regole ferree da rispettare, regole che non riusciranno a tenere lontani i
due piccoli conti dai loschi retroscena di famiglia e dai cadaveri giù al
porto... Non vorrei dire di più, ne avrete un piccolo assaggio leggendo Colt
Python 357.
10. Qual'é la tua massima aspirazione in campo letterario?
Sarei un’ipocrita se
vi dicessi che non sogno di vedere il mio libro sugli scaffali o nelle vetrine
di tutte le librerie, ma queste forse sono sciocchezze, la mia vera
aspirazione, quella più nobile sarebbe condividere le stesse emozioni con i
miei lettori, perché in finale, è questo il lavoro del cantastorie, condividere
e conservare emozioni e poi, in fin dei conti l’arte ci rende un po’ eterni e
che cos’è l’arte se non emozioni?