martedì 15 settembre 2015

L'arte di Stefania Chiaraluce - alberto zuccalà





Mi presento:
Sono Stefania Chiaraluce, nata a Todi e vivo a Perugia sono cresciuta nella bottega di mio padre, pittore e scultore Giovanni Chiaraluce da Todi, e l’ amore che lui aveva per l’arte e’ riuscito a trasmetterla ai suoi figli;
Tento semplicemente di esprimere le mie Emozioni attraverso la materia ed i colori!

Stefania Chiaraluce

In un nome si può celare un destino.
Chiaraluce aveva in se probabilmente il segno di un destino futuro, che nel chiarore della luce avrebbe ricercato la sua essenza.
Figlia dello scultore Giovanni Chiaraluce, Stefania porta nelle vene i cromosomi inconfondibili di chi attraverso il mezzo pittorico sente di potersi esprimere al meglio.
Di estrazione sperimentale, sia nelle tematiche che nella ricerca delle tecniche, Stefania Chiaraluce si può ascrivere ad un filone di ricerca che ricorda il surrealismo figurativo di primo novecento.
I piani si scompongono, sembrano ribaltarsi, le superfici ricordano paesaggi fantastici calpestati dai personaggi di Lewis Carroll, dove i pavimenti sono scacchiere deformi, i cieli stagliati assumono i colori del deserto e dove sovente ritorna una sfera, che sia essa un sole, una luna od una palla, non è possibile
definirlo.
La luce diventa una chiave di lettura, innaturale come un vecchio filtro reflex, che fa sembrare gli scenari immensamente caldi ed assolati.
Oltre a questo filone Stefania produce opere di impronta più didascalica, di genere legate al tema della natura come con i fiori, degli scorci vissuti, come nei viottoli di borgo umbro, e nello studio cromatico come nelle tele monocrome sul blu.
A volte compare protagonista dell’insieme compositivo uno strumento, la chitarra o il violino, probabile omaggio al fratello musicista.
La sua è però un esperienza artistica complessa, la sua tecnica prescinde dal concetto di pittura intensa in senso assoluto, la sua può più correttamente essere chiamata in determinati casi, pitto-scultura.
La tecnica si piega al volere della mano, la tela si deforma e improvvisamente sembra dare alla luce forme tridimensionali.
E l’inconsueto casuale che traspare dalle opere di Stefania, lo si può perfettamente spiegare come fece Max Ernst «bello come l’incontro casuale di una macchina d cucire e di un ombrello su un tavolo operatorio...».
Poetico Di Elisa Polidori- storico dell'Arte.

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