sabato 7 maggio 2016

"L'eco del rimorso", il romanzo di Lucio Schina - Alberto Zuccalà



Incipit del romanzo "L' eco del rimorso"

Mentre approfondisce degli studi sulle tradizioni popolari del nord Europa, un giovane antropologo riscopre una vecchia leggenda che gli era stata raccontata quando era poco più di un bambino. Preso da una profonda curiosità, decide di affrontare un viaggio nei luoghi della sua infanzia, per scoprire se gli accadimenti narrati sono frutto di immaginazione o nascondano un fondo di verità. Giunge sua una lontana isola a largo dell’oceano; di colpo si troverà rigettato in un luogo dove tempo e spazio si deformano e ridefiniscono i propri limiti. Sarà l’inizio di un’avventura che vedrà cadere ogni barriera che separa la logica dall'irrazionale.


Nota dell’autore

Nel mio nuovo romanzo, dal titolo “L’ eco del rimorso” ho voluto riproporre temi già affrontati in passato. Tra tutti, l’idea che al di là della nostra comprensione esistano forme di conoscenza elevate, relegate in dimensioni “altre”, viventi secondo logiche differenti, ma, a volte, in grado di entrare in contatto con la nostra. La logica e le leggi che siamo soliti seguire hanno portato la nostra specie a vivere confinata entro limiti ben precisi, scanditi dal tempo lineare e dallo spazio indeformabile. Con “L’eco del rimorso” tento di dar vita a un’idea alternativa, in grado prospettare il superamento di queste barriere mentali. Il viaggio del protagonista, un antropologo scientista, ma anche un po’ sognatore, tocca concetti che l’antropologia ha fatto propri oggetti di studi, dal “relativismo” all’idea del viaggio come “fuga dalla civiltà”. Un tema, quello del viaggio catartico, che trova forma nelle opere di maestri del pensiero che si sono succeduti nel corso dei secoli. Il riscoprire luoghi nascosti appena sfiorati dall’uomo, il loro essere in grado di farlo elevare nuovamente a una dimensioni di specie “naturale”, può essere classificato come mera utopia letteraria, o forse come sogno verso cui tendere.

martedì 3 maggio 2016

Nell'arena del tendone suonano i The Pranksters, la nostra intervista a "I ragazzi del coccodrillo" - Alberto Zuccalà



Intervista ai The Pranksters, Rock band fiorentina che ha appena pubblicato il primo EP “First Prank”.

Vi facciamo conoscere i “Ragazzi del Coccodrillo” che sono pronti a raccontare al Tendone tutti i retroscena del loro primo EP uscito il 15 Marzo 2016.




Da quanto tempo suonate insieme? Come vi siete conosciuti?
Esistiamo da quasi cinque anni, come il numero dei nostri componenti!
L’idea di creare un gruppo è nata da Sara e Lorenzo , il bassista, che si sono conosciuti in prima superiore e, quasi per scherzo, hanno iniziato a suonare insieme.
Bernardo si è aggiunto successivamente, aveva già suonato in un precedente gruppo con Sara, che poi si è sciolto.
I chitarristi sono arrivati inaspettatamente, ne stavamo cercando solo uno, avevamo organizzato dei provini dove “valutavamo” due chitarristi alla volta, alla fine, si sono presentati Lorenzo e Costantino e non abbiamo saputo scegliere. Facevano entrambi al caso nostro: avevamo davanti due chitarristi molto diversi, ma  entrambi con ottime potenzialità.
 Probabilmente è stata la (non) presa di decisione migliore che potessimo avere.

Come  è nata l’idea della copertina?
I Pranksters, in Inghilterra, sono quei ragazzi che fanno scherzi molto pesanti ed esagerati, ma nessuno di loro però, almeno fino ad ora, ha mai messo una camicia di forza ad un coccodrillo; quindi, perché come “Primo Scherzo” non farlo noi?

Avete scelto come vostro primo singolo “Wrong Flat”, c’è un motivo particolare?
Sì.
Wrong Flat è nata da un errore, dovevamo andare ad una festa, arrivati nel condominio, non sapevamo a quale porta bussare. Abbiamo suonato un po’ tutti i campanelli, tutti si sono affacciati, ma nessuno conosceva il ragazzo che organizzava la festa, ed è lì che abbiamo scoperto che, presi dall’euforia, avevamo proprio sbagliato numero civico! e che dovevamo andare invece condomio accanto!

Sulla vostra pagina Facebook abbiamo visto che avete dato il via ad una rubrica “Facce da First Prank”, come vi è venuta questa idea?
Chi ci ascolta ci motiva ogni giorno ad andare avanti e a scrivere nuovi pezzi, quindi volevamo ringraziare tutti coloro che ci avevano sostenuto, comprando il nostro primo EP autoprodotto. Abbiamo pensato di dedicare uno spazio sulla nostra pagina Facebook tutto per loro, con didascalia annessa, per ringraziarli, ancora una volta, di essere il motore della nostra creatività.
E la cosa ha funzionato! Siamo pieni di autoscatti e ogni giorno ce ne arrivano di nuovi, siamo stupiti, ognuno nella sua foto ci racconta parte della sua anima, come noi abbiamo raccontato la nostra incidendola in First Prank.


State lavorando a nuovi pezzi ultimamente?
Sì, stiamo preparando nuovi inediti e anche alcune collaborazioni, ma non possiamo dirvi molto di più.

Volete fare un appello ai nostri lettori?
Volevamo ringraziare chi ci sostiene da tempo e ha sempre creduto in noi e chi lo farà, perché è solo grazie a Voi che tutto ciò è stato reso possibile.
State contribuendo a realizzare un sogno, ve ne siamo grati.


The Pranksters sono:
Bernardo Gangemi – Batteria
Costantino Mastronardi – Chitarra, voce
Sara Bocci Benucci – Voce solista
Lorenzo Colasurdo – Chitarra, voce
Lorenzo Vullo – Basso, voce

Seguiteli su:
Facebook:
 https://www.facebook.com/theprankstersofficial/?fref=ts
Youtube:
https://www.youtube.com/channel/UC6vLkIXCFJQV22v1zhlxdxA

lunedì 2 maggio 2016

#22 La graforecensione di Alberto Zuccalà per il libro "Solo i malati guariscono" di Luigi Maria Epicoco (San Paolo)





“Solo i malati guariscono” di Luigi Mari Epicoco (San Paolo) non è un romanzo, ma un libro assolutamente da non perdere. Contiene elementi di spiritualità e chiavi di lettura sulla vita estremamente interessati, rari, immediati e accessibili a tutti per la carica di immagini ed il linguaggio curato ed efficace.  Sono certo che dopo la sua lettura nessuno chiuderà la copertina senza aver trovato una riflessione  per sé.
Confermo il bel titolo: “Solo i malati guariscono”. Lo scrivo da medico e credo sia importante capire perché… perciò, miei cari amici, non perdete questa nuova e buona lettura!



venerdì 29 aprile 2016

Intervista alla scrittrice Marcella Nardi, dal romanzo "Medioevo in giallo" al suo ultimo lavoro "Via San Vitale, 1" - Alberto Zuccalà






1)      Chi è Marcella Nardi?
a.       Sono una donna che ama la vita in tutte le sue manifestazioni. Italianissima, anche se vivo da meno di 8 anni in USA, a Seattle. A darmi i natali, cinquantatré anni fa, è stato un bellissimo borgo medievale, in provincia di Treviso: Castelfranco Veneto, la terra del Giorgione. Sono laureata in Informatica e per 22 anni ho lavorato in questo settore a Milano. Tra le mie tante passioni vi è la Storia antica e medievale, il modellismo storico, i viaggi in giro per il mondo, la fotografia, il giardinaggio e, anche se citati per ultimo, una grande passione per la lettura e la scrittura.

2)      Quando è nata la tua passione per lo scrivere?
a.       Ho iniziato a scrivere da piccola, verso gli otto/nove anni e ho continuato fino all’adolescenza. All’epoca scrivevo poesie e pensieri. Poi ho smesso riprendendo nel 2006 dopo la morte di mio padre. Da allora, non ho mai smesso.

3)      Come nasce l’idea di un libro?
a.       Non sempre allo stesso modo. L’ultimo, per esempio, l’ho scritto in buona parte mentre ero in aereo. Avevo visto un concorso annuale a livello nazionale e avevo deciso di parteciparvi. Nel tornare in Italia, durante le 8 ore di traversata atlantica, ho iniziato a scrivere di getto ideando e creando il personaggio di una detective donna che in quasi tutto e per tutto corrisponde a me stessa. In realtà tra le tante cose che avrei voluto fare da grande, quando andavo alla scuola superiore, c’era anche una mezza idea di fare il commissario di polizia.  
b.      In altri casi, l’idea mi è stata suggerita da concorsi mirati. Per esempio la storia semibreve di “Grata Aura” è nata per un concorso nazionale con tema “Italia Mia”. Sono stata la vincitrice nel 2014.
c.       Poi uso un mio taccuino dove al nascere di nuove idee, ma da sviluppare più’ avanti, ne prendo nota.


4)      Parlaci dei tuoi romanzi
a.       Il mio primo lavoro è una antologia di quattro storie brevi ricche di complotti, cospirazioni, omicidi e sentimenti. Il tutto racchiuso nella splendida cornice dell’Italia tra il XII e XIV secolo. Il titolo è: MEDIOEVO IN GIALLO.
b.      Il secondo è la sua versione in inglese, anche se vi sono delle modifiche strutturali, più belle, credo. Il titolo è: DNA CODE & Other mysterious tales from the Middle Age.
c.       Veniamo a “VIA SAN VITALE, 1”. È un poliziesco che si svolge a Bologna, ai giorni nostri. È il primo di una serie: “Le indagini del commissario Marcella Randi”. La detective, Marcella Randi, è ancora all’università. Dal prossimo romanzo, invece, sarà un commissario a tutti gli effetti. Ora aiuta il padre, grazie al suo acume e alla sua grande passione per i misteri. Tutto si svolge nel suo condominio e in quello difronte. Due storie parallele, una di spionaggio e una di mero crimine per denaro. Mi sono divertita a depistare parecchio il lettore, facendolo arrivare al termine con un vero e proprio colpo di scena.  Lo stile usato è quello misto tra il serio e l’ironico, che è anche una delle caratteristiche del personaggio Marcella Randi - che guarda caso porta quasi il mio stesso cognome. In meno di cinque mesi dalla sua pubblicazione, sono state vendute oltre 1600 copie. Ne sono felice, ovviamente perché è un ulteriore stimolo ad andare avanti.

5)      Perché consigli di leggerlo?
a.       Per più di un motivo. Mi sono divertita a scriverlo e spero di far divertire anche chi mi legge. Vi sono momenti di tensione, ma altri buffi e ironici. Ci sono io col mio carattere, Infatti l’investigatrice porta il mio nome, o quasi. Ritengo bello il colpo di scena finale e poi, come già detto, ha uno stile narrativo fresco e divertente.  



giovedì 28 aprile 2016

La scrittrice Elena Carnimeo ci parla di scrittura e del suo romanzo "colt python 357" - Alberto Zuccalà




Ti va di presentarci la tua opera? (Trama, genere)
  ...A Saint Joseph gli orfani erano come gli scarafaggi, ma ce n’era uno che non aveva nessuna voglia di morire...
Ci sono bambini che hanno la fortuna di nascere in famiglie amorevoli, che non gli fanno mancare nulla, altri, ahimè... Per questi la vita è stata ingrata, per uno strano destino vengono lasciati soli, abbandonati, in balia degli sfruttatori, costretti a vivere nonostante tutto. Phil era uno di loro.

<<...Nel tuo caso hai due possibilità,>> Sospirò tirando una boccata di fumo,
 <<la prima la conosci, la seconda non è altro che l’inevitabile conseguenza di chi non rispetta la prima, ho una Smith & Wesson carica sotto al sedile, ammazzarti non mi costerebbe alcuna fatica, l’unica noia sarebbe quella di sbarazzarmi della tua lurida carcassa...>>

<<...Io sono la giustizia, hai fatto un grosso errore...>> Blake scoppiò in una risata isterica e gli spense il sigaro sulla mano e continuando a ridere con quella sua risata del diavolo, disse:
<<In  mancanza di giustizia, la legge me la faccio da solo.>>

Colt Python 357 è una crime-fiction che si svolge contemporaneamente in Louisiana e a Marsiglia, intorno alla fine degli anni cinquanta, i protagonisti sono dei gangster e la maggior parte di loro, a differenza di “quei bravi ragazzi” non hanno scelto di esserlo, diciamo che il delinquente è la massima aspirazione di chi nasce in una realtà difficile e si ritrova a dover crescere tra la strada e il riformatorio...
<<Prima di alzarmi contro qualsiasi accusa, dovreste chiedervi cosa si prova a vivere un’infanzia difficile, quando tutto ti è precluso fin dall’inizio e la tua casa è la strada,>> direbbe Philip, <<se vostro onore si chiedesse queste cose, forse capirebbe cos’è che porta un individuo “dall’infanzia difficile” ad agire in un modo anziché in un altro, è facile condannare qualcuno, soprattutto se non si conoscono le cause che l’hanno spinto a compiere quella determinata azione, giusta o sbagliata che sia, questo non significa che io ne giustifichi il motivo, semplicemente comprendo e ne accetto le conseguenze.>>
La nostra infanzia è il bagaglio a mano che ci portiamo per tutta la vita. È naturale che se un albero giovane non viene curato con gli adeguati mezzi, verrà su storto, ma la mancanza di tali mezzi, (seppure storto,) non gli impedirà comunque di crescere.
 Colt Python 357 è l’intreccio delle storie di questi “bambini dall’infanzia difficile” che in un modo o nell’altro sono cresciuti e si sono organizzati, prendendosi tutto con la forza e amministrando la giustizia un po’ a modo loro, con l’unico linguaggio che gli è stato insegnato: la violenza della strada.

2. Da dove ti é arrivata l'ispirazione?
Non so di preciso come abbia trovato l’ispirazione, forse avrò sognato qualcosa dopo aver cenato pesante? So soltanto che la magia è avvenuta, un po’ come quando s’impara a leggere e magicamente quegli incomprensibili grafemi diventano lettere e i libri ti parlano. Fin da piccola sono sempre stata affascinata dalla figura del giustiziere e adoravo quei vecchi cartoni, dove gli stupidi scagnozzi grandi e grossi, prendevano ordini e chiamavano capo il gangster tappetto, che si dannava perché i suoi scagnozzi rovinavano sempre i suoi piani. Inoltre adoravo (e adoro ancora) i film di Sergio Leone, in particolare “C’era una volta in America”, che ritrae in particolar modo la realtà dei ragazzi difficili che si ritrovano a dover crescere in un ambiente ostile come la strada.



3. Parlaci di uno dei tuoi personaggi che ami particolarmente e perché.
Questa è una scelta ardua, ma come il caro Dickens, devo confessarvi che anch’io ho un orfanello prediletto, e dovendo tirare in ballo un personaggio che amo, non potrei non parlarvi di Phil, (mi spiace per Léon, ma parlerò di lui quando uscirà il prossimo libro). Ci sono dei personaggi che rubano il cuore al lettore, ma soprattutto allo scrittore, (spero che i lettori non se ne abbiano a male, ma qui si tratta dei miei “bambini”... prendiamo ad esempio un cantante famoso, sì, i suoi fan possono amarlo alla follia, ma come l’ha amato la sua mamma che lo ha cresciuto, è un po’ difficile...)
Phil è un uomo buono, lui tra gli scarafaggi e i topi di fogna ci si è trovato, Phil è un poeta-filosofo della strada, Phil è uno di quei pochi giustizieri che seguono ancora un codice d’onore. Praticamente è il mio eroe, anche se ha molti difetti, (difetti che io amo), è geloso, possessivo, e ha il vizio di rimuginare su tutto e sta sempre a litigare con Baby-Fesso, il suo “socio minoritario”, anche se sotto sotto si farebbe ammazzare per lui. Ha la vocazione del leader, non a caso è il capo della sua gang, all’apparenza non sembra provenire dalla strada, non sopporta parlare del suo passato, ha la passione per le Rolls-Royce, e da bravo irlandese adora il Whisky. Veste elegante “proprio come un gangster di quelli che si vedono al cinematografo” e oltre all’immancabile gilè, porta sempre la sua Smith and Wesson 41 modificata. È un tipo paziente e piuttosto riflessivo, ma se si arrabbia è capace di fare una strage. È molto portato per la mediazione, è un’artista nel persuadere la gente, ma bisogna fare molta attenzione quando mostra “quell’altro sorriso”, nessuno può rifiutare di concludere un affare con lui, la vita gli ha insegnato a prendersi sempre ciò che vuole e quando lo decide lui. È simpatico, ha molto senso dell’umorismo e quando alza un po’ troppo il gomito incanta tutti con le sue storie da cabaret.
Anche se spesso è costretto a fare il duro, sotto la sua corazza ha un buon cuore, è esageratamente generoso, non dimentica mai una promessa e chi gli sta intorno non può fare a meno di volergli bene. Ha un debole per la sua piccola Janice e anche se non ha il grilletto facile, in caso di pericolo non esita certo a sfoderare la 41, una cosa è certa: nessuno può toccare la sua adorata bambina.
Ho una particolare affezione per questo personaggio perché rispecchia il carattere di una persona a me tanto cara, all’inizio avevo già creato una bozza di quello che doveva essere la spalla di Baby-Fesso, ma poi Phil ha preso il sopravvento, dimostrandomi subito la sua natura di capo, di giustiziere e di padre premuroso. La cosa curiosa è che successivamente ho incontrato il mio Phil e ha letteralmente sconvolto la mia vita.

4. Dicci qualcosa in più sul tipo di editing che hai scelto (casa editrice, self publishing etc...) e se ti va della tua esperienza in campo editoriale. Puoi aiutare chi sta muovendo i primi passi.

Questa faccenda ha dell’incredibile: la scorsa estate mi lamentavo tanto con mio padre perché non avevo nessuna voglia di partire, avrei volentieri preferito restarmene a casa a fare le ultime correzioni di Colt Python 357, (che avevo finito con tanta fatica e soddisfazione, per colpa di questo piccolo capolavoro ho rischiato addirittura di giocarmi il quarto anno!) Ma mio padre aveva insistito tanto, così senza fare troppe storie, entro in macchina e come al solito mi attacco alle cuffie, (non posso vivere senza musica). Poi, arrivati al casello, mio padre mi da un pezzo di carta mezzo ciancicato e mi dice “vedi un po’ che cos’è”. “Papà è una casa editrice!” Esulto, “Potrò finalmente presentare il mio libro!” “Visto Elena?” Mi sorride mia madre, “E tu che ti lagnavi tanto di voler restare a Roma!” Così bacio quel pezzo di carta sperando che mi porti un po’ di fortuna, lo ripongo nella mia immancabile cartellina azzurra che mi porto sempre dietro come il mio piccolo artista girovago, (altro personaggio di un’altra storia) e spero. Attualmente quel pezzo di carta è il mio segnalibro portafortuna. Storielle a parte, ho un contratto di due anni con Aletti Editore, una casa editrice che da una possibilità agli esordienti che molte case editrici non danno e mi sono trovata bene, non hanno apportato tagli o censure, il mio libro è sia cartaceo che in e-book, è disponibile in Feltrinelli, sul sito della casa editrice, su ibs.it, su Amazon e in altre librerie della mia zona. Certo è naturale che io abbia acquistato un po’ di copie come da contratto, ma d’altronde è naturale, se neanche i tuoi parenti sono disposti a investire un centesimo su di te, figurarsi se è disposto a farlo uno sconosciuto! Parliamoci chiaro, oggigiorno quasi nessuno si prende il rischio di investire i suoi soldi su uno sconosciuto, (così giovane per giunta). Adoro le favole, ma nella vita reale è veramente raro, se non a tratti assurdo, che il grande produttore americano si faccia una passeggiata dietro le quinte e noti la tipa che in quel momento al posto di pulire il pavimento sta ballando con lo spazzolone e il produttore in questione ne rimane talmente colpito da gridare: “Eccoti finalmente, stavo cercando proprio te, sarai tu la protagonista del musical!”

5. La tua opera preferita e i tuoi autori di maggiore ispirazione.
“L’isola dimenticata” di Enzo Jemma o “le avventure di Tom Sawyer”. Adoro Mark Twain, ma anche Steve Hamilton con Combinazione mortale, Carlos Ruiz Zafòn con “l’ombra del vento” e “il gioco dell’angelo”, Mario Puzo con “il padrino” da cui è stato tratto l’omonima e famosissima trilogia di film, grande capolavoro per gli amanti del mio genere... Ah e ovviamente Harry Gray il celebre gangster scrittore dalla cui biografia è stato tratto il mio film preferito: “C’era una volta in America.”

6. Un consiglio ad un autore emergente.
Questo più che un consiglio da dare a un autore emergente è un consiglio che darei a mio figlio se ne avessi uno e anche a tutti coloro che hanno un sogno e la volontà di realizzarlo; come diceva la madre di Edoardo Bennato nella celebre canzone: non farti cadere le braccia, corri forte, và più forte che puoi, non devi voltare la faccia, non arrenderti né ora né mai.” Mai arrendersi, non date retta a quelli che vi dicono che non arriverete mai da nessuna parte, non date retta a quelle donne di spettacolo che come consiglio a chi vorrebbe seguire le loro orme, dicono: “Ragazze, lasciate perdere, è dura...” Mai dare retta a chi dice di lasciar perdere e non lasciatevi abbattere da chi si diverte a schiacciare le aspirazioni degli altri, difendete il vostro sogno come ho sempre difeso i miei “scarabocchi” e le mie “storielle”, perché tutti i libri,  compresi i grandi pilastri miliari della letteratura, prima di essere definiti tali, erano bozze e prima ancora di essere bozze erano idee, erano sogni. E se nei nostri sogni non ci crediamo noi per primi,  state certi che non lo faranno gli altri e come dice uno dei miei personaggi al piccolo conte, “Se permetti che qualcosa o un ostacolo ti freni, allora vuol dire che il tuo non è un sogno, bensì un capriccio.” Ovviamente il mio piccolo conte, obietta, difendendo il pianoforte,  la sua ragione di vita:
“Ti sbagli, per me la musica è molto più di uno stupido capriccio! Se così fosse non ne soffrirei tanto...” A quel punto il suo insegnante privato, gli mostra un largo sorriso e gli risponde:
“Molto bene, adesso sta a te dimostrare al mondo e soprattutto a te stesso che non è così.”

7. Dicci qualcosa di te.
Se vi dico che amo leggere e scrivere sono ripetitiva?
Dunque, ho diciotto anni, (diciannove il ventuno marzo),vivo a Roma, frequento il quinto anno di liceo linguistico. Ho tre fratellini a cui racconto sempre le mie storie, uno in particolare credo sia il mio fan numero uno.
Mi piace moltissimo la ginnastica artistica, fin dalla quinta elementare passavo interi pomeriggi ad allenarmi in palestra, per strada, dentro casa, la mia specialità era il corpo libero e lasciarla quasi un paio di anni fa è stata una sofferenza.
Amo la musica, mi piace cantare e suonare, (attualmente sto lavorando all’ipotetica colonna sonora dell’ipotetico film del mio libro per quando sarò regista.) Amo l’arte in tutte le sue forme, mi piace creare, dare vita alle cose più disparate, ho persino fatto una statua di carta pesta che riproduce un personaggio di una mia storia, ( non fateci caso, devo essere matta, ma a me non dispiace, in finale la mia è una pazzia creativa.) adoro il cinema e il teatro, in particolare sono attratta da tutto il lavoro che si cela dietro le quinte di un’opera e confesso che non mi dispiacerebbe affatto un futuro da sceneggiatore. Sono una sognatrice e sono anche piuttosto testarda e ambiziosa, non c’è mai stato verso di farmi fare qualcosa che non volevo, ma quando credo in qualcosa ci metto l’anima. Non sono una persona competitiva, l’unica competizione è quella che ho con me stessa, che mi porta ogni giorno a superarmi, a fare di meglio... Ah, e non mi piace parlare di me, preferisco di gran lunga lasciare la parola ai miei personaggi e alle mie storie, tant’è che quando esco con gli amici, al posto di raccontare i fatti miei,  inizio a raccontare i pezzi delle mie storie e delle volte non posso fare a meno di concedere piccole anticipazioni e questo mi ha assicurato il soprannome di “Spoiler”.

8. Cosa ti ha avvicinato alla scrittura?
Fin da bambina ho sempre avuto molta fantasia, adoravo le storie che mi raccontava mia madre, al punto da imparare subito a leggere e scrivere, ancora prima di andare alle elementari. Ricordo che passavo i miei pomeriggi a scribacchiare storielle, a giocare, a leggere libri di favole e a cambiarne i finali se questi non mi piacevano. Non mi è mai dispiaciuto scrivere, anzi, adoravo inventare storie da scrivere sui temi in classe e da raccontare agli amici. Una volta alle elementari ci proposero un concorso per scrivere una favola e ci rimasi male quando la maestra non spedì il mio racconto, dicendo che era un racconto mediocre e che potevo fare di meglio, ma questo non bastò a smontare la mia voglia di raccontare storie e di divorare interi libri di favole e d’avventura, (Tom Sawyer e Pinocchio sono stati i miei fedeli compagni di viaggio). In quarta elementare scrissi una storia di cui m’innamorai, storia che prese vita attraverso i miei disegni e quelle zampe di gallina scritte a replay, storia che avrebbe gettato le basi di “Scommessa di mezzanotte”, un fantasy noir stile Tim Burton che ho scritto in seguito, (devo ricordarmi di riadattarlo, attualmente giace tra le mie scartoffie). All’epoca avrei tanto voluto trarne un libro illustrato, e ci provai più volte, ma dato che scrivere è un lavoro impegnativo che richiede parecchia pazienza, (ed io ero una bambina piuttosto impaziente), decisi tristemente di abbandonare l’idea: “Mamma, io non sarò mai una scrittrice”, sentenziai a malincuore riponendo il quaderno e strappando il disegno che ritraeva la protagonista della mia storia in modo molto rudimentale, “scrivere non fa per me, ci vuole troppa pazienza, non riuscirò mai a finirlo...”(Ma quest’idea non smise certo di tormentarmi negli anni avvenire, questo fino alla prima stesura del libro avvenuta circa quattro o cinque anni fa).
Mi riavvicinai allo scrivere una sera a tredici anni, quando iniziai a raccontare una storia ai miei fratellini, che come sempre non avevano nessuna voglia di dormire, così, come al solito mi lasciai guidare dalla fantasia e cominciai, fu allora che avvenne la magia... Certo non ne venne fuori il tipo di storia che Wendy di Peter Pan avrebbe raccontato ai suoi fratellini, ma fu allora che mi venne in mente colui che mi avrebbe tenuto compagnia per molto tempo, fu allora che mi venne in mente Sonny, il temibile gangster dal grilletto facile, indiscusso protagonista di tutta la saga di Colt Python 357, quella notte ricominciai a scrivere... C’era il mio eroe, in piedi, voltato di spalle in tutta la sua splendida e avvenente figura, era intento a suonare un pezzo al pianoforte, mentre Samantha, una dolce fanciulla dal viso bambino se ne stava lì, nascosta in un angolino dietro quella porta ad ascoltarlo in silenzio... Giuro, in quel momento anch’io sentii di provare quell’amore tormentato che di lì a poco li avrebbe legati per sempre.
Finire quella prima bozza fu per me una scommessa contro me stessa, ma anche l’inizio di un grande sogno. Avevo iniziato a scriverlo per non dimenticare e alla fine mi accorsi che scrivevo per vivere. Ben presto la mia mente divenne popolata da un infinità di personaggi e situazioni,  personaggi che pian piano si sono staccati dalla carta fino a camminare sulle loro gambe, a fare tutto di testa propria e ad amare con il loro cuore in quel magico teatrino di emozioni. Se prima, da bambina la mia mente era eternamente affollata dai giochi che inventavo ogni giorno, con l’adolescenza questi giochi si sono evoluti e scrivendo è un po’ come se non avessi mai smesso di giocare. “Mamma quando sarò grande non smetterò mai di giocare, è troppo bello per poterci rinunciare,” Le ripetevo raccogliendo le pentoline, “molti grandi sono tristi e noiosi perché non giocano più... Ma mamma, perché non giocano più?” Chiedevo con quell’impazienza bambina, l’impazienza di chi vuole sapere tutto quello che è possibile sapere.
“Forse l’hanno dimenticato...” Mi rispondeva, senza smettere di giocare con me (lei era un caso a parte, la mia era una mamma “piccola” ed io ero la sua bambola, diciotto anni di differenza non sono poi molti), “Forse hanno dimenticato di essere stati  bambini anche loro...”
“Com’è possibile?” Insistevo insoddisfatta della risposta. Mia madre alzava le spalle sospirando, “Succede alla maggior parte delle persone tesoro...”
“Beh, a me non succederà, io non smetterò mai di giocare...” Sentenziavo convinta della promessa fatta a me stessa, e devo dire che tutto sommato l’ho mantenuta.


9. Un progetto presente ed uno futuro.
Mi mancano due capitoli alla fine del mio prossimo libro, “Il custode di un sogno”, questa volta sarà un libro illustrato e non sto più nella pelle, anche perché si tratta di una tragicommedia nel vero senso della parola e stavolta il protagonista non è un gangster, bensì un giovane artista un po’ imbranato, che quando non ha la penna in mano e il naso in un libro è una catastrofe ambulante e stavolta è lui a raccontarsi in prima persona in chiave comica, tragica e a tratti autoironica e a raccontare del suo pazzo mondo a volte grigio, a volte arcobaleno. E scherzando come sa fare lui, affronta anche tematiche piuttosto delicate, ad esempio il complesso dell’abbandono del padre, la depressione e il fatto che non riesca a decidere se per lui è più buona la crêpes alla fragola o quella al cioccolato e nel dubbio le mangia entrambe, così s’innamora a volte di un maschietto, a volte di una femminuccia, con una leggera propensione per i maschietti. Giunge alla conclusione che è possibile innamorarsi di chiunque a prescindere dal proprio sesso d’appartenenza. Non bisogna però dargli necessariamente del bisex, preferisce definirsi Jacques e basta, anzi, Jacques Bohémien, il cantastorie, il sognatore e delle volte, quando si sente giù, il fallito. Ovviamente per essere uno dei miei personaggi, oltre ai suoi pregi, (pregi che lui non sa di avere), non può mancare di numerosi difetti, è uno scansafatiche, si lagna facilmente, è estremamente cocciuto e delle volte è un po’ infantile e capriccioso e ha sempre la testa fra le nuvole, (wow, è il mio alterego!) ma come afferma Antoine, i suoi pregi lo rendono unico e i suoi difetti te lo lasciano amare.
Come progetto del mio prossimo futuro conto di pubblicare il prequel di Colt Python 357 e (per la gioia di Léon e di quel perdigiorno di suo fratello,) spero di completare i miei “principattoli”, volevo dire “I principi di Marsiglia”, un romanzo tutto incentrato su due personaggi di Colt Python 357, che a differenza di Sonny e Phil, hanno avuto un’infanzia diversa, confinati in una lussuosa gabbia apparentemente dorata, con regole ferree da rispettare, regole che non riusciranno a tenere lontani i due piccoli conti dai loschi retroscena di famiglia e dai cadaveri giù al porto... Non vorrei dire di più, ne avrete un piccolo assaggio leggendo Colt Python 357.


10. Qual'é la tua massima aspirazione in campo letterario?
Sarei un’ipocrita se vi dicessi che non sogno di vedere il mio libro sugli scaffali o nelle vetrine di tutte le librerie, ma queste forse sono sciocchezze, la mia vera aspirazione, quella più nobile sarebbe condividere le stesse emozioni con i miei lettori, perché in finale, è questo il lavoro del cantastorie, condividere e conservare emozioni e poi, in fin dei conti l’arte ci rende un po’ eterni e che cos’è l’arte se non emozioni?