Alberto
Sergi, 25 anni, udinese e cantante di pizzica-pizzica… ci siamo persi qualcosa?
Dove è
avvenuta l’interruzione del continuum spazio-tempo (per dirla con Doc di Ritorno al Futuro) che ha prodotto tale
distorsione della realtà?
Io
sono nato a Palmanova da genitori migranti dal Capo di Leuca in Provincia di
Lecce. Sono vissuto e cresciuto in Friuli integrandomi nella collettività,
imparando ad apprezzare la cultura del luogo e le varie sfumature derivate
dalla forte multiculturalità presente sul territorio. Dentro casa, la lingua
parlata, il rispetto delle tradizioni, il ricordo degli antenati era ed è a
tutt’oggi quello derivante dall’origine della mia famiglia. Tutto questo avevo
modo di verificarlo quando tutta la mia famiglia durante le festività e le
ferie estive si trasferiva nel luogo di origine dove avevo modo di contattare
direttamente i miei nonni e tutti i miei
parenti avendo la bella sensazione non solo di essere uno di loro, ma
soprattutto di non avere nessuna difficoltà nel collocarmi nel loro contesto di
vita e di abitudini. Ma la sensazione che più mi ha colpito è stata quella di aver sentito che quei luoghi e quella
terra sconosciuta era mia amica che la conoscevo da sempre.
Fino
all’età di circa dodici anni ho goduto di queste belle sensazioni. Me le
portavo appresso al rientro in Friuli facendo mille ragionamenti su quello che
era e quello che poteva essere, non riuscendo a trovare una risposta
soddisfacente.
Sei nato con il tamburello in mano, come molti
dei nostri corregionali che fanno folk, o il tuo è stato un avvicinamento
graduale alla musica tradizionale?
Il
mio primo contatto col tamburello l’ho avuto all’età di 12 anni. A questa età
ho avuto un’altra forte sensazione ed emozione, casualmente ascoltando il gruppo Aramirè in una corte di
Alessano in provincia di Lecce. E’ qui che ho scoperto lo strumento capace di
riprodurre in modo esatto e coinciso
tutte le belle sensazioni ed emozioni che quella terra era stata capace
di farmi provare. Sono rimasto come ipnotizzato ascoltando quel suono del tamburello;
quel ritmo cadenzato, incalzante, frenetico, forte, magico, ancestrale … in
quel momento non capivo come potesse un semplice strumento provocarmi tante sensazioni
diverse che mi prendevano lo stomaco. Ero estasiato da quello spettacolo
sonoro. Mia madre comprò il disco di quella band e notando la mia passione ne
vennero anche degli altri che io in continuazione ascoltavo. In tutto il
parentato si era diffusa la mia folgorazione per la pizzica tanto che mi fu
regalato un tamburello. Da quel momento non l’ho mai lasciato, imparando a suonarlo da autodidatta.
Va da
se che avendo lo strumento in mano, oltre che ad imparare a suonarlo mi sono
prodigato allo studio ed alla ricerca dei
canti popolari che provenivano dalla
tradizione.
La tua
ensemble tipo, mette assieme dei veri e propri pezzi da novanta della musica, molto conosciuti a nord-est e oltre
i confini nazionali: come hai fatto a convincerli della bontà del tuo progetto?
A questa domanda
posso rispondere con dei forse… forse per questo, forse per quello...
Quel che posso
affermare con certezza è che dopo averli contattati, ho loro esposto la mia
progettualità con assoluta onestà. Altro mi è difficile asserire. Cosa certa è
che sono veramente pezzi da novanta.
In
particolare Aleksander Ipavec è un punto di riferimento per chiunque si
avvicini al mondo della musica folk, e della
fisarmonica in particolare. Qual è la natura del vostro rapporto?
Il
nostro è un rapporto di grande stima e rispetto reciproco. Aleksander è un grande conoscitore della musica a tutto tondo, impossibile che possa non essere di riferimento per qualsiasi
musicista, anche con esperienza. E’ un maestro. Per quello che mi riguarda, volendo
tralasciare l’aspetto tecnico musicale al quale nulla io potrei aggiungere che
già non si conosca, ritengo che il nostro rapporto sia quello di due persone
curiose che investono nella ricerca di potenzialità artistiche esistenti, ma
poco manifeste.
Ci vuoi
parlare del vostro disco?
Questo
lavoro ha come obiettivo portare la
musica popolare del sud Italia al di là dei suoi confini geografici e culturali,
intrecciandola con sonorità fresche, ricche di colori e sfumature che
sfociano nel mare che lega le diverse
culture e stili musicali, senza finalità particolarmente complicate.
La musica
meridionale ha da sempre vissuto di contaminazioni e la
musica di gruppi come i Mascarimirì dimostra che questo processo non si è mai
interrotto: è azzardato definire la vostra musica “folk tradizionale con contaminazioni balcaniche e jazz” ?
Secondo noi è la
giusta definizione per questo nostro progetto.
La Puglia è
diventato un luogo ormai mitizzato nell’immaginario vacanziero-culturale del
nord-est: come reagisce, dunque, il pubblico durante i vostri concerti? Puoi
raccontarci degli episodi curiosi?
Diciamo che ho
constatato che ogni anno qui, in Friuli Venezia Giulia , c’è un incremento di
persone che si interessano agli eventi che proponiamo.
E’ piacevole osservare
come le persone si lascino coinvolgere e apprezzino sempre più questa musica.
Durante i concerti il pubblico ci accompagna battendo il ritmo con le mani,
cantando e ballando.
Quali
artisti pugliesi vedi più vicino alla vostra filosofia e con quali hai
intrattenuto rapporti di amicizia o artistici?
Potrei anche
riuscire a definire la nostra filosofia. Per quello che riguarda gli altri artisti
pugliesi, riferendomi a quelli più giovani, se pur bravi, non vedo alcuna
similitudine.
D’altro canto è
inevitabile che in Friuli Venezia Giulia, proprio per la collocazione
geografica, ovvero al centro dell’Europa, convergono soprattutto a livello
artistico molte culture che insieme alla mia cultura originaria hanno dato vita
all’attuale filosofia dell’Arakne Group.
Gli artisti con i
quali è piacevole intrattenermi a livello amicale e artistico sono Dario Muci e
Rocco Nigro, grandi personaggi.
Non dimentico la
collaborazione, anche attuale, con Laura Nascosto ballerina storica di pizzica
pizzica.
Come si
vede oggi Alberto Sergi e come vede tra qualche anno sé stesso e gli Arakne
Group?
Oggi mi vedo
come un qualsiasi ragazzo di 25 anni che ha tanta voglia di fare, di mettersi
alla prova e di crescere.
Tra qualche anno
spero di essere ancora sul palco assieme all’Arakne Group e magari dopo aver
preso un aereo internazionale.
Quali i
progetti futuri?
E’ già in
cantiere un nuovo progetto. Posso solo dire che rispetto a “Vorrei volare”
presenterà sostanziali novità.
Intendete
espandere il vostro raggio d’azione artistica?
Si! È normale aspirazione di tutti gli artisti esportarsi
fuori dalle mura di casa.
Nessun commento:
Posta un commento