martedì 1 dicembre 2015

Alberto Sergi, 25 anni, udinese e cantante di pizzica-pizzica… ci siamo persi qualcosa? - Alberto Zuccalà






Alberto Sergi, 25 anni, udinese e cantante di pizzica-pizzica… ci siamo persi qualcosa?
Dove è avvenuta l’interruzione del continuum spazio-tempo (per dirla con Doc di Ritorno al Futuro) che ha prodotto tale distorsione della realtà?


Io sono nato a Palmanova da genitori migranti dal Capo di Leuca in Provincia di Lecce. Sono vissuto e cresciuto in Friuli integrandomi nella collettività, imparando ad apprezzare la cultura del luogo e le varie sfumature derivate dalla forte multiculturalità presente sul territorio. Dentro casa, la lingua parlata, il rispetto delle tradizioni, il ricordo degli antenati era ed è a tutt’oggi quello derivante dall’origine della mia famiglia. Tutto questo avevo modo di verificarlo quando tutta la mia famiglia durante le festività e le ferie estive si trasferiva nel luogo di origine dove avevo modo di contattare direttamente i miei nonni e tutti i miei  parenti avendo la bella sensazione non solo di essere uno di loro, ma soprattutto di non avere nessuna difficoltà nel collocarmi nel loro contesto di vita e di abitudini. Ma la sensazione che più mi ha colpito è stata quella  di aver sentito che quei luoghi e quella terra sconosciuta era mia amica che la conoscevo da sempre.   
Fino all’età di circa dodici anni ho goduto di queste belle sensazioni. Me le portavo appresso al rientro in Friuli facendo mille ragionamenti su quello che era e quello che poteva essere, non riuscendo a trovare una risposta soddisfacente.


Sei nato con il tamburello in mano, come molti dei nostri corregionali che fanno folk, o il tuo è stato un avvicinamento graduale alla musica tradizionale?

Il mio primo contatto col tamburello l’ho avuto all’età di 12 anni. A questa età ho avuto un’altra forte sensazione ed emozione, casualmente  ascoltando il gruppo Aramirè in una corte di Alessano in provincia di Lecce. E’ qui che ho scoperto lo strumento capace di riprodurre in modo esatto e coinciso  tutte le belle sensazioni ed emozioni che quella terra era stata capace di farmi provare. Sono rimasto come ipnotizzato ascoltando quel suono del tamburello; quel ritmo cadenzato, incalzante, frenetico, forte, magico, ancestrale … in quel momento non capivo come potesse un semplice strumento provocarmi tante sensazioni diverse che mi prendevano lo stomaco. Ero estasiato da quello spettacolo sonoro. Mia madre comprò il disco di quella band e notando la mia passione ne vennero anche degli altri che io in continuazione ascoltavo. In tutto il parentato si era diffusa la mia folgorazione per la pizzica tanto che mi fu regalato un tamburello. Da quel momento non l’ho mai lasciato,  imparando a suonarlo da autodidatta.
Va da se che avendo lo strumento in mano, oltre che ad imparare a suonarlo mi sono prodigato allo studio ed alla ricerca  dei canti popolari  che provenivano dalla tradizione.


La tua ensemble tipo, mette assieme dei veri e propri pezzi da novanta della musica, molto conosciuti a nord-est e oltre i confini nazionali: come hai fatto a convincerli della bontà del tuo progetto?

A questa domanda posso rispondere con dei forse… forse per questo, forse per quello...
Quel che posso affermare con certezza è che dopo averli contattati, ho loro esposto la mia progettualità con assoluta onestà. Altro mi è difficile asserire. Cosa certa è che sono veramente pezzi da novanta.



In particolare Aleksander Ipavec è un punto di riferimento per chiunque si avvicini al mondo della musica folk, e della  fisarmonica in particolare. Qual è la natura del vostro rapporto?

Il nostro è un rapporto di grande stima e rispetto reciproco. Aleksander è un grande conoscitore della musica  a tutto tondo, impossibile che  possa non essere di riferimento per qualsiasi musicista, anche con esperienza. E’ un maestro. Per quello che mi riguarda, volendo tralasciare l’aspetto tecnico musicale al quale nulla io potrei aggiungere che già non si conosca, ritengo che il nostro rapporto sia quello di due persone curiose che investono nella ricerca di potenzialità artistiche esistenti, ma poco manifeste.


Ci vuoi parlare del vostro disco?

Questo lavoro ha come obiettivo  portare la musica popolare del sud Italia al di là dei suoi confini geografici e culturali, intrecciandola con sonorità fresche, ricche di colori e sfumature che sfociano  nel mare che lega le diverse culture e stili musicali, senza finalità particolarmente complicate.

La musica meridionale ha da sempre vissuto di contaminazioni e la musica di gruppi come i Mascarimirì dimostra che questo processo non si è mai interrotto: è azzardato definire la vostra musica “folk tradizionale con contaminazioni balcaniche e jazz” ?

Secondo noi è la giusta definizione per questo nostro progetto.


La Puglia è diventato un luogo ormai mitizzato nell’immaginario vacanziero-culturale del nord-est: come reagisce, dunque, il pubblico durante i vostri concerti? Puoi raccontarci degli episodi curiosi?

Diciamo che ho constatato che ogni anno qui, in Friuli Venezia Giulia , c’è un incremento di persone che si interessano agli eventi che proponiamo.
E’ piacevole osservare come le persone si lascino coinvolgere e apprezzino sempre più questa musica. Durante i concerti il pubblico ci accompagna battendo il ritmo con le mani, cantando e ballando.


Quali artisti pugliesi vedi più vicino alla vostra filosofia e con quali hai intrattenuto rapporti di amicizia o artistici?

Potrei anche riuscire a definire la nostra filosofia. Per quello che riguarda gli altri artisti pugliesi, riferendomi a quelli più giovani, se pur bravi, non vedo alcuna similitudine.
D’altro canto è inevitabile che in Friuli Venezia Giulia, proprio per la collocazione geografica, ovvero al centro dell’Europa, convergono soprattutto a livello artistico molte culture che insieme alla mia cultura originaria hanno dato vita all’attuale filosofia dell’Arakne Group.  
Gli artisti con i quali è piacevole intrattenermi a livello amicale e artistico sono Dario Muci e Rocco Nigro, grandi personaggi.   
Non dimentico la collaborazione, anche attuale, con Laura Nascosto ballerina storica di pizzica pizzica.





Come si vede oggi Alberto Sergi e come vede tra qualche anno sé stesso e gli Arakne Group?

Oggi mi vedo come un qualsiasi ragazzo di 25 anni che ha tanta voglia di fare, di mettersi alla prova e di crescere.
Tra qualche anno spero di essere ancora sul palco assieme all’Arakne Group e magari dopo aver preso un aereo internazionale.

Quali i progetti futuri?

E’ già in cantiere un nuovo progetto. Posso solo dire che rispetto a “Vorrei volare” presenterà sostanziali novità.


Intendete espandere il vostro raggio d’azione artistica?

Si! È normale aspirazione di tutti gli artisti esportarsi fuori dalle mura di casa.
  






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