mercoledì 29 luglio 2015

Intervista a Lucia Verilli - Alberto Zuccalà






Che cosa fai?
Cerco! Soprattutto cerco di trovare una mia dimensione, che includa tutto, l’ordinario e lo straordinario che è dentro e fuori di me. E ho scoperto che di questo tutto, l’Arte è una parte imprescindibile. Nulla può sostituire la creatività, quel desiderio di far nascere qualcosa dal nulla, senza conoscerne la fonte, ma di cui senti la spinta. Questo riguarda sia la pittura, la scrittura, la fotografia, l’illustrazione e molto altro che scoprirò in futuro.
Ho fatto, per necessità di sostentamento, e farò ancora, molte attività lavorative, alle quali tuttavia non posso mai dedicare la mia totale energia, perché nonostante gli sforzi, la mia attenzione è costantemente indirizzata altrove;
è uno sguardo rivolto al mistero che ci coinvolge tutti nella vita.

Come ti definisci? 
Una ricercatrice di libertà. Scopro i miei limiti vivendo, ma l’Arte mi dà un punto di vista privilegiato da cui guardare. Sono e siamo la parte di un tutto, trascinati da un fiume, che a volte è in piena, e nella piena ho trovato una zattera.

Qual è il tuo messaggio? 
 “Occorre creare quel che si cerca” ( Marcel Duchamp), e in questa creazione non puoi che ritrovare te stessa. Una caccia al tesoro che va fatto di tanto in tanto, perché il tesoro c’è veramente, ma così relegato in profondità che altrimenti non potresti portarlo a galla. E’ un tesoro che ha voce, anche quando la sua faccia è spaventosa come “l’urlo” di un famoso quadro.




Come nasce un'idea?
Non sempre allo stesso modo, almeno per me. A volte il mio vissuto mi porta a formulare delle immagini mentali che rimangono nella mia memoria per un po’ e che cerco di rendere visibili sulla tela. Oppure è qualcosa che vedi realmente, e la sua forma non ti abbandona per qualche motivo. In questo caso il percorso è diverso; devi indagare, magari leggere, o come nel mio caso, cominciare a scrivere o dipingere e vedere quello che ti si presenta davanti in corso d’opera. Non sempre questo si traduce in qualcosa che ritieni soddisfacente, ma fa parte del gioco.

Che cos'è per te l'ispirazione? 
Una scintilla! Un attimo di percezione insolita, che però hai maturato nell’inconscio già da tempo e ti si presenta all’improvviso come fosse qualcosa di nuovo. Direi che è ciò che muove tutto, la sorgente che alimenta la fiamma.

Che cos'è l'arte?
Sono stati scritti libri e altri se ne scriveranno senza poter concludere con una risposta.
Dico che l’Arte è ciò che rende nuovo il vecchio. E’ fuori del tempo, pur essendone testimone ed asservito ad esso, perché lo racconta al di là della storia personale dell’Artista. E’ un osservatore silenzioso che grida le sue visioni senza paura a un mondo di uomini distratti, senza obbligarli ad ascoltare.
Ho sentito Achille Bonito Oliva definirla: “Il massaggio al muscolo della sensibilità collettiva”. Un massaggio va fatto con amore.
L’Arte è per l’uomo e nell’uomo e non ha senso senza di lui.

In che circostanze ti vengono le migliori idee?
In solitudine, quando ne ho bisogno per me stessa; in compagnia quando c’è un’intesa speciale riguardo ad un argomento interessante; A contatto con la natura, quando ho bisogno di ritrovare i miei spazi. Ma direi che la cosa più stupefacente è quando ti arrivano all’improvviso come un fulmine a ciel sereno, e sembra che nascono da sole e tu sei lì a fiutare l’aria e per “sbaglio” le trovi creando un’opera.

Come si deve valutare un'opera artistica? 
Personalmente. E’ questione di innamoramenti, ma dopo il primo sbocciare del sentimento è bello cercare di capire.
Così, si può chiedere un’opinione, confrontarsi con chi ne sa di più (critici, amici, libri sull’argomento), ma resta sempre quel personale contatto con l’opera e con ciò che può innescare in noi, che nessuna conoscenza può sostituire. Semmai, come per il cibo, il sapere e l’esperienza con ciò che ha un alta valutazione, può aiutarci ad affinare il palato, e quindi il gusto.

L'artista deve reinventarsi ogni giorno? 
Certo, perché la vita è cambiamento continuo, e l’Arte è lo rende visibile.
C’è sempre il rischio di lasciarsi offuscare dal successo, per quei fortunati a cui arride, che continuano a produrre opere dello stesso genere perché ormai riconosciute e riconducibili all’autore, privando se stessi e gli altri dell’incanto che proviene dal rischio delle nuove scoperte.
Credo che dovremmo vivere l’Arte sempre come un’avventura, ricominciare da capo soprattutto quando pensiamo di essere arrivati ad un traguardo, perché è lì che le cose si fanno interessanti.


Che artisti ammiri e in che modo hanno influenzato le tue opere?
Ho a cuore gli artisti considerati “maledetti”, es. Van Gogh, Caravaggio, ma non per la sfortuna quanto invece per l’intensa capacità di espressione, dovuta anche a scelte di vita.  Trovo(nonostante tutto), i loro travagli, decisioni di libertà personale, che hanno potuto trasmettere molto al mondo.
Ma devo dire che gli artisti che sento abbiano una grande influenza su di me sono quelli che vivono nella mia epoca, che sono stati miei compagni di scuola e insegnanti in questa disciplina così meravigliosa e complessa. Quelli cioè che respirano l’aria che anche io respiro in questo momento, che vedono e vivono le stesse cose che capitano a me, e condividono questa mia passione.
Ma l’elenco in realtà sarebbe infinito: amo Burri per la sua ricerca di equilibrio dopo i traumi della guerra, amo Chagall per la sua capacità di dipingere con l’innocenza e fantasia di un bambino, e amo Munch, soprattutto per i lavori poco conosciuti del suo ultimo periodo di vita, pieni di sole e di colore, quando dipinse la serie “la montagna umana” (19 dipinti e una scultura), che trovo una sintesi di ciò che la vita gli aveva insegnato e l’Arte l’aveva aiutato ad vedere: per quanto difficile possa essere il nostro percorso, l’essere umano è destinato a salire la montagna per andare sempre incontro alla luce.



Quanto conta per te pubblicare (se scrittore o Poeta) mostrare le tue opere (se artista visivo)?
Molto! Sia nella pittura che nella scrittura è un mettere alla prova quello che hai fatto. Ti fa capire se ci hai messo abbastanza. Puoi ricevere delle indicazioni, anche delle smentite e devi saper valutare entrambe. E’ un modo per farsi le ossa e perché no, per vedere se il riscontro è quello che pensavi.
Inoltre non credo che l’Arte vada tenuta nel cassetto, perché è comunicazione, quindi per sua stessa natura è destinata a essere condivisa.
Per me un’opera deve essere come un dono, questa è la mia intenzione, e così nascono i miei lavori, nella speranza e desiderio di realizzarlo.

SOLO PER SCRITTORI/POETI – Quanto conta la copertina in un libro?
Ha la sua parte nell’insieme. Dovrebbe fare da complemento come il titolo, senza tuttavia svelare parti importanti del racconto o delle poesie. Chi legge dovrebbe capire solo alla fine qual è il significato dell’immagine che è stata scelta come presentazione.

Parlaci della tua ultima creazione
Ho raccolto 7 poesie scritte in tempi diversi, che sono state pubblicate in un’antologia insieme alle opere di altri 12 poeti.
La diversità del linguaggio è qui particolarmente evidente. Mi sembra che nella poesia, più che nella pittura si veda il cambiamento che ha operato nell’autore il corso del tempo. Le prime sentivano la necessità della rima, mentre nelle ultime questa è scomparsa per lasciare il posto al suono che rimbalza nel significato delle parole. Una di queste ultime parla dell’Arte, ed è la prima che mi è venuta in mente in vent’anni.

Programmi per il futuro?
Ho un racconto nel cassetto da qualche anno. Non che debba rimanere lì, ma per qualche sconosciuto motivo, non ho ancora avuto l’onore di percepire il finale; devo ancora maturarlo.
Per ora continuo con la pittura, seguendo tre filoni: immagini fantasy di donne che sembrano provenirmi dai miei racconti (fiabe) insieme a illustrazioni per l’infanzia, una serie di dipinti astratti che rimandano a una visione olistica della vita, un insieme di percezioni collegate tra loro, appartenenti ad un filo invisibile e infinito che le unisce, e una serie di paesaggi, luoghi ideali e reali allo stesso tempo fatti per ospitare chi guarda e farlo sentire a casa.
E poi ogni tanto mi capitano quei famosi fulmini isolati di cui parlavo prima e che sono immagini a sé, regali della pittura.

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