A due
anni dall’uscita del suo romanzo d’esordio “Come una pianta di cappero” (Premio
online Scrittore Toscano 2014), Massimo Granchi torna in libreria con il nuovo
libro dal titolo “Occhi di sale.”
Ciao
Massimo, innanzitutto, presentati ai lettori.
Buon giorno e grazie per
questo spazio dedicato. Sono nato a Cagliari nel 1974 in un quartiere
popolare ai margini della città. A dodici anni mi sono trasferito con la
famiglia a Quartu Sant’Elena dove ho concluso le scuole medie e le scuole
superiori. Dopo la laurea in Scienze Politiche ho deciso di partire per
continuare i miei studi. Mi sono specializzato in Media,
storia, cittadinanza all’Università Cattolica di Milano e ho conseguito il
Dottorato in Istituzioni e Società a Siena. Ho vissuto a Stoccolma dove ho
lavorato alla Camera di Commercio Italiana in Svezia. Oggi vivo in provincia di
Siena e lavoro nel settore pubblico della formazione professionale. Ho fondato,
con altri autori, il Gruppo Scrittori Senesi e il Premio Letterario Città di
Siena. Mi piace molto leggere, viaggiare, fare lunghe passeggiate, il buon cibo,
la musica, il mare e le giornate di sole. Sono sposato, ho quattro fantastici
figli e due gatte.
Chi sei
invece quando hai la penna in mano?
Sono un sognatore, un
acchiappa storie; mi frullano in testa a lungo prima di diventare racconti o romanzi.
Scrivo perché lo trovo terapeutico. È una necessità impellente. Mi piace raccontare
la realtà e ciò che stuzzica la mia curiosità. Mi diverte curare il testo, cercare
e scegliere le parole appropriate per descrivere un concetto, fare sintesi e
suscitare emozioni. È affascinate seguire l’evoluzione dalla prima all’ultima
stesura. È un lavoro importante e impegnativo, ed è una fortuna che ci siano
case editrici ed editor seri che si occupano anche di questo.
Com’è
nata la passione per la scrittura?
Ero alle scuole medie. Scrivere
mi aiutava a riflettere, a trovare una dimensione nello spazio per descriverlo,
comprenderlo o demistificarlo. Ho incontrato alcune persone che hanno saputo
riconoscere nel mio passatempo, una dote che meritava di essere esplorata ed
educata. Ho creduto in loro perché per primi avevano creduto in me.
Il tuo nuovo
romanzo si intitola “Occhi di sale”, raccontaci un po’ di cosa si tratta.
È
un romanzo di formazione che racconta adolescenza,
giovinezza e maturità di tre amici, Matteo, Nino e Paolo, nati negli anni
Settanta e cresciuti a Is Mirrionis, un quartiere periferico di Cagliari. Si
conoscono alle scuole medie, diventano amici, intraprendono percorsi di vita
diversi, ma si sostengono sempre l’un l’altro. Nelle molte esperienze che fanno
per diventare adulti, la profonda amicizia che li lega subisce qualche scossone.
Ho cominciato a scrivere la loro storia nel 2013, subito dopo la pubblicazione
di Come una pianta di cappero. I temi portanti dell’opera sono l’amicizia, in
grado di salvarci, di metterci in discussione e proteggerci; il rapporto tra
padri e figli, che può condizionare e orientare le nostre scelte; l’amore
temuto e sempre cercato; il destino che traccia percorsi imprevedibili, a volte
lontani e diversi da ciò che abbiamo sempre desiderato.
Perché
hai scelto questo titolo?
In origine l’opera inedita s’intitolava
Onora il padre e richiamava un tema specifico affrontato nel libro. Ha compiuto
un suo percorso e ha vinto numerosi premi letterari. Il titolo definitivo Occhi
di sale è stato scelto successivamente, in accordo con la casa editrice perché
evocativo di molte atmosfere create dal racconto. Ma è anche il soprannome di
uno dei protagonisti.
Il
libro è stato scritto scegliendo di far parlare in prima persona i tre
protagonisti, ognuno in un capitolo diverso e alternato. Perché?
L’obiettivo è quello di offrire al
lettore tre prospettive diverse della stessa storia, arricchendola ogni volta
di dettagli da tre punti di vista personali. Questo permette una maggiore
immedesimazione e una panoramica a tutto tondo del mondo che ho cercato di rappresentare.
Matteo
Corrias, uno dei protagonisti, dice sull’amicizia :«Eravamo guidati da
un’intesa che non riguardava solo il condividere i compiti a casa, la partita
di pallone o qualche confessione amorosa spifferata con falsa arroganza per
toglierci dall’impaccio. Eravamo complementari, solidali e alleati.» È anche il tuo punto di vista?
L’amicizia può assumere diversi
significati ed è difficile definirla. Volendo provare, è sicuramente la forma
d’amore più potente e pura.
Occhi di
sale è ambientato a Cagliari, come il tuo primo romanzo. Che rapporto hai con la
tua città natale?
Cagliari è la mia prima fonte
di ispirazione. Non solo l’assetto urbano, ma anche la gente, gli odori, i
colori, i suoni. Suscita e alimenta le mie emozioni durante la scrittura.
A questo
proposito, come trovi l’ispirazione per i tuoi libri?
Mi faccio guidare da un
tema che mi sta a cuore. Spesso si tratta di argomenti di attualità o cronaca. Succede
che più elementi o eventi me lo ricordino e io tendo a ricondurli all’idea principale.
Cominciano a ruotarmi in testa un po’ di domande cui cerco di dare risposta. A
quel punto può nascere un progetto di scrittura da approfondire. Immagino il
contesto in cui potrebbe svilupparsi e in maniera graduale, comincio a immaginare
i profili dei protagonisti. Durante l’elaborazione, possono cambiare molte
cose, le vite dei personaggi, ad esempio, o le ambientazioni, e addirittura il
finale.
Quali sono i tuoi riferimenti letterari? Cosa ami leggere?
Mi piacciono i libri di Andrea Vitali ed Elena Ferrante, ma sono soprattutto gli autori sardi a ispirarmi:
Fois, Soriga, Agus, kMurgia, Abate. Se dovessi segnalare qualche autore straniero direi sicuramente
Paul Auster e Jonathan Franzen.
Hai
qualche altro lavoro in cantiere?
Nel corso degli anni ho scritto vari
racconti. Li ho messi insieme con l’intento di farne un’opera compiuta. Sono in
fase di rilettura e correzione. Le storie
brevi, nel loro insieme, narrano il viaggio inteso come movimento fisico, da
uno spazio all’altro, ma anche interiore, da un’esperienza all’altra; un
movimento che trascina i protagonisti attraverso la giovinezza e la vecchiaia,
il nord e il sud del mondo, la migrazione e il ritorno, l’abbandono e
l’accoglienza, la violenza e l’amore. Vorrei che fosse un libro sulle differenze
e l’integrazione, sulla comprensione e il rigetto, per confermare quanto siamo
uguali nelle nostre diversità, paure o imperfezioni.
Generalmente
chi scrive afferma di non riuscire a rileggersi, o addirittura di avere
vergogna, a te capita?
Ho difficoltà a
rileggermi, è vero, ma non provo vergogna per ciò che ho scritto in passato. Se
si tratta di un libro editato, la rilettura è più difficile perché vorrei avere
l’opportunità di intervenire ancora sul testo. L’opera però a quel punto non mi
appartiene più. Ha iniziato un altro viaggio. È dei lettori.
Cosa
consiglieresti a chi come te ha la passione per la scrittura, ma non sa da dove
cominciare?
Bisognerebbe prima conoscere la motivazione di ognuno. Si può scrivere per se stessi, per gli altri, per arrivare alla pubblicazione, dipende. Se si scrive per sperimentare e condividere, è necessario leggere molto, mettersi in discussione, cimentarsi in nuove esperienze di scrittura, confrontarsi per ricevere consigli utili e rendersi conto dei propri limiti.
Bisognerebbe prima conoscere la motivazione di ognuno. Si può scrivere per se stessi, per gli altri, per arrivare alla pubblicazione, dipende. Se si scrive per sperimentare e condividere, è necessario leggere molto, mettersi in discussione, cimentarsi in nuove esperienze di scrittura, confrontarsi per ricevere consigli utili e rendersi conto dei propri limiti.
I
lettori dove possono trovare te e il tuo libro?
Nel caso in cui il libro non
sia disponibile in libreria, possono ordinarlo anche scrivendo direttamente
alla casa editrice: info@palabanda.it. Possono visitare la mia
pagina facebook: Massimo
Granchi, la pagina
facebook del libro: Occhi
di sale, e la
mia pagina Lìberos, la comunità dei lettori sardi: Massimo Granchi – Liberos.
Grazie Massimo e buon lavoro!
Grazie e voi.
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