mercoledì 23 marzo 2016

Intervista allo scrittore Massimo Granchi autore del romanzo “Occhi di sale” (Palabanda edizioni) - Alberto Zuccalà






A due anni dall’uscita del suo romanzo d’esordio “Come una pianta di cappero” (Premio online Scrittore Toscano 2014), Massimo Granchi torna in libreria con il nuovo libro dal titolo “Occhi di sale.”
Ciao Massimo, innanzitutto, presentati ai lettori.
Buon giorno e grazie per questo spazio dedicato. Sono nato a Cagliari nel 1974 in un quartiere popolare ai margini della città. A dodici anni mi sono trasferito con la famiglia a Quartu Sant’Elena dove ho concluso le scuole medie e le scuole superiori. Dopo la laurea in Scienze Politiche ho deciso di partire per continuare i miei studi. Mi sono specializzato in Media, storia, cittadinanza all’Università Cattolica di Milano e ho conseguito il Dottorato in Istituzioni e Società a Siena. Ho vissuto a Stoccolma dove ho lavorato alla Camera di Commercio Italiana in Svezia. Oggi vivo in provincia di Siena e lavoro nel settore pubblico della formazione professionale. Ho fondato, con altri autori, il Gruppo Scrittori Senesi e il Premio Letterario Città di Siena. Mi piace molto leggere, viaggiare, fare lunghe passeggiate, il buon cibo, la musica, il mare e le giornate di sole. Sono sposato, ho quattro fantastici figli e due gatte.

Chi sei invece quando hai la penna in mano?
Sono un sognatore, un acchiappa storie; mi frullano in testa a lungo prima di diventare racconti o romanzi. Scrivo perché lo trovo terapeutico. È una necessità impellente. Mi piace raccontare la realtà e ciò che stuzzica la mia curiosità. Mi diverte curare il testo, cercare e scegliere le parole appropriate per descrivere un concetto, fare sintesi e suscitare emozioni. È affascinate seguire l’evoluzione dalla prima all’ultima stesura. È un lavoro importante e impegnativo, ed è una fortuna che ci siano case editrici ed editor seri che si occupano anche di questo.

Com’è nata la passione per la scrittura?
Ero alle scuole medie. Scrivere mi aiutava a riflettere, a trovare una dimensione nello spazio per descriverlo, comprenderlo o demistificarlo. Ho incontrato alcune persone che hanno saputo riconoscere nel mio passatempo, una dote che meritava di essere esplorata ed educata. Ho creduto in loro perché per primi avevano creduto in me.

Il tuo nuovo romanzo si intitola “Occhi di sale”, raccontaci un po’ di cosa si tratta.
È un romanzo di formazione che racconta adolescenza, giovinezza e maturità di tre amici, Matteo, Nino e Paolo, nati negli anni Settanta e cresciuti a Is Mirrionis, un quartiere periferico di Cagliari. Si conoscono alle scuole medie, diventano amici, intraprendono percorsi di vita diversi, ma si sostengono sempre l’un l’altro. Nelle molte esperienze che fanno per diventare adulti, la profonda amicizia che li lega subisce qualche scossone. Ho cominciato a scrivere la loro storia nel 2013, subito dopo la pubblicazione di Come una pianta di cappero. I temi portanti dell’opera sono l’amicizia, in grado di salvarci, di metterci in discussione e proteggerci; il rapporto tra padri e figli, che può condizionare e orientare le nostre scelte; l’amore temuto e sempre cercato; il destino che traccia percorsi imprevedibili, a volte lontani e diversi da ciò che abbiamo sempre desiderato.

Perché hai scelto questo titolo?
In origine l’opera inedita s’intitolava Onora il padre e richiamava un tema specifico affrontato nel libro. Ha compiuto un suo percorso e ha vinto numerosi premi letterari. Il titolo definitivo Occhi di sale è stato scelto successivamente, in accordo con la casa editrice perché evocativo di molte atmosfere create dal racconto. Ma è anche il soprannome di uno dei protagonisti.

Il libro è stato scritto scegliendo di far parlare in prima persona i tre protagonisti, ognuno in un capitolo diverso e alternato. Perché?
L’obiettivo è quello di offrire al lettore tre prospettive diverse della stessa storia, arricchendola ogni volta di dettagli da tre punti di vista personali. Questo permette una maggiore immedesimazione e una panoramica a tutto tondo del mondo che ho cercato di rappresentare.

Matteo Corrias, uno dei protagonisti, dice sull’amicizia :«Eravamo guidati da un’intesa che non riguardava solo il condividere i compiti a casa, la partita di pallone o qualche confessione amorosa spifferata con falsa arroganza per toglierci dall’impaccio. Eravamo complementari, solidali e alleati.» È anche il tuo punto di vista?
L’amicizia può assumere diversi significati ed è difficile definirla. Volendo provare, è sicuramente la forma d’amore più potente e pura. 

Occhi di sale è ambientato a Cagliari, come il tuo primo romanzo. Che rapporto hai con la tua città natale?
Cagliari è la mia prima fonte di ispirazione. Non solo l’assetto urbano, ma anche la gente, gli odori, i colori, i suoni. Suscita e alimenta le mie emozioni durante la scrittura.

A questo proposito, come trovi l’ispirazione per i tuoi libri?
Mi faccio guidare da un tema che mi sta a cuore. Spesso si tratta di argomenti di attualità o cronaca. Succede che più elementi o eventi me lo ricordino e io tendo a ricondurli all’idea principale. Cominciano a ruotarmi in testa un po’ di domande cui cerco di dare risposta. A quel punto può nascere un progetto di scrittura da approfondire. Immagino il contesto in cui potrebbe svilupparsi e in maniera graduale, comincio a immaginare i profili dei protagonisti. Durante l’elaborazione, possono cambiare molte cose, le vite dei personaggi, ad esempio, o le ambientazioni, e addirittura il finale.

Quali sono i tuoi riferimenti letterari? Cosa ami leggere? 
Mi piacciono i libri di Andrea Vitali ed Elena Ferrante, ma sono soprattutto gli autori sardi a ispirarmi: 
Fois, Soriga, Agus, kMurgia, Abate. Se dovessi segnalare qualche autore straniero direi sicuramente 
Paul Auster e Jonathan Franzen. 
 
Hai qualche altro lavoro in cantiere?
Nel corso degli anni ho scritto vari racconti. Li ho messi insieme con l’intento di farne un’opera compiuta. Sono in fase di rilettura  e correzione. Le storie brevi, nel loro insieme, narrano il viaggio inteso come movimento fisico, da uno spazio all’altro, ma anche interiore, da un’esperienza all’altra; un movimento che trascina i protagonisti attraverso la giovinezza e la vecchiaia, il nord e il sud del mondo, la migrazione e il ritorno, l’abbandono e l’accoglienza, la violenza e l’amore. Vorrei che fosse un libro sulle differenze e l’integrazione, sulla comprensione e il rigetto, per confermare quanto siamo uguali nelle nostre diversità, paure o imperfezioni.

Generalmente chi scrive afferma di non riuscire a rileggersi, o addirittura di avere vergogna, a te capita?
Ho difficoltà a rileggermi, è vero, ma non provo vergogna per ciò che ho scritto in passato. Se si tratta di un libro editato, la rilettura è più difficile perché vorrei avere l’opportunità di intervenire ancora sul testo. L’opera però a quel punto non mi appartiene più. Ha iniziato un altro viaggio. È dei lettori.

Cosa consiglieresti a chi come te ha la passione per la scrittura, ma non sa da dove cominciare?
Bisognerebbe prima conoscere la motivazione di ognuno. Si può scrivere per se stessi, per gli altri, per arrivare alla pubblicazione, dipende. Se si scrive per sperimentare e condividere, è necessario leggere molto, mettersi in discussione, cimentarsi in nuove esperienze di scrittura, confrontarsi per ricevere consigli utili e rendersi conto dei propri limiti.  

I lettori dove possono trovare te e il tuo libro?
Nel caso in cui il libro non sia disponibile in libreria, possono ordinarlo anche scrivendo direttamente alla casa editrice: info@palabanda.it. Possono visitare la mia pagina facebook:  Massimo Granchi, la pagina facebook del libro: Occhi di sale, e la mia pagina Lìberos, la comunità dei lettori sardi: Massimo Granchi – Liberos.

Grazie Massimo e buon lavoro!
Grazie e voi.

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