Ciao
Silvano, ti ritroviamo col tuo secondo romanzo, nuovamente ambientato negli
anni ottanta dello scorso secolo. Come mai questa predilezione?
Per me gli anni 80 rappresentano il periodo della
fanciullezza, dato che sono un classe 1979. Pertanto tutti i miei ricordi sono
rivestiti da una patina di “dolcezza” che li rende bellissimi. Riscoprire quel
decennio con gli occhi dell’adulto è stata una cosa per me incredibile.
Come
mai Berlino e perché proprio il 1988? Cosa ti affascina della capitale tedesca?
Ho visitato Berlino diverse volte. Dalla caduta del muro
26 anni fa la città è cambiata completamente quasi a volersi liberare in fretta
e furia di un abito sgradito. Mi sarebbe piaciuto molto visitarla nel periodo
in cui era divisa ma data la mia età l’ho potuto fare solo virtualmente tramite
letture, foto e visione di filmati. Ho deciso dunque di far compiere ai miei personaggi del libro
questo viaggio nella città divisa. Ho scelto il 1988 perché è l’anno prima
della caduta, quindi un’epoca spartiacque in cui tutto sta per cambiare ma è
ancora come un tempo.
Anche
in “A Berlino che giorno è” – come in “Silvia lo sai” – abbiamo a che fare con amicizia,
amore e calcio. Cosa rappresenta per te
questo trinomio?
Semplicemente per me rappresenta il meglio della vita,
aggiungendo ovviamente la buona salute, un lavoro che ti faccia vivere
dignitosamente, e.. un buon libro accompagnato da una birra artigianale!
Devolverai
nuovamente in beneficenza i proventi dei diritti d’autore che ti spettano?
Certamente. Questa volta devolverò i miei diritti
d’autore alla ONLUS AMICI DI STEFANO COSTANTINO (www.amicidistefano.com).
Hai già in mente la trama di un nuovo romanzo?
La mia idea è quella (lo so, abbastanza scontata) di fare
una sorta di trilogia degli anni 80. Con Silvia lo sai ho esplorato la metà
degli 80s, con A Berlino la parte finale. Manca dunque la prima parte degli
anni 80. Sarebbe delittuoso non colmare questo buco!
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