D: Beh, inizierei
dalle domande di rito, parlaci un po’ di te, chi sei, da dove vieni?
R: Ciao, sono Giulia, in arte Ju Jumble e vengo dalla provincia di
Milano, più precisamente da Legnano.
D: Ju Jumble… da dove
viene questo soprannome?
R: In realtà è venuto spontaneamente. Se dovessi pensare ad un nome
d’arte ex novo, così, dal nulla credo proprio che non ci riuscirei. Fin da
piccola mi hanno sempre chiamata Ju, quindi mi ci identifico. Jumble in inglese
significa accozzaglia, caos. Credo sia una parola che mi rappresenti molto. Non
riesco infatti a definirmi una pittrice, scultrice, o appartenente ad una
“classe” creativa. Spazio molto nei vari ambiti, mi piace scoprire. Ultimamente
lavoro molto con l’acquerello, il digitale, e mi sono innamorata perdutamente
dell’animazione, e spero che presto che diventi un amore corrisposto ;)
D: Quindi sei
un’artista. Facciamo un salto indietro, da quando hai iniziato ad approcciarti
a questo mondo?
R: Fin da che ho memoria. Ero una bambina parecchio pestifera e
combinavo parecchi disastri. Quando i
miei genitori hanno visto che matite colorate, pennarelli, pongo e simili erano
un ottimo calmante, me li mettevano sempre a disposizione. Da lì non mi sono
più fermata. Crescendo è diventata una passione enorme e ho deciso di impostare
gli studi su questa via, dal liceo fino all’accademia che frequento tutt’oggi.
Vorrei fare della creatività il mio lavoro. “Scegli il lavoro che ami e non
lavorerai mai, neanche un giorno in tutta la tua vita”. Credo molto in questa
frase. Certo, non è un ambito facile, ma credo che chiunque si impegni e abbia
passione possa farcela.
D: Sei una sognatrice
insomma. Qual è l’ultimo progetto a cui stai lavorando?
R: Decisamente si, sono cresciuta durante la generazione Disney, e
su di me ha avuto un effetto piuttosto forte. Confesso che tutt’ora amo
rispolverare le vecchie cassette e fare maratone di questi grandi classici. Per
ora sto lavorando principalmente al progetto di tesi, un lavoro abbastanza
particolare, di cui non voglio rivelare ancora nulla. In più sto sperimentando
tanto con l’animazione e il digitale. Invento personaggi, e cerco di dare loro
vita, una personalità, un’anima.
D: C’è una domanda che
ti fanno più spesso riguardante i tuoi lavori?
R: In realtà si, mi chiedono spesso come ho imparato a disegnare. La
risposta credo sia molto personale, ognuno ha un suo metodo alla fine. Per
quanto mi riguarda è stata fondamentale l’osservazione della realtà e
l’allenamento costante. Disegnare è una questione di testa e di mano. Devono
lavorare in perfetta sincronia.
D: C’è un lavoro del
passato invece al quale sei più legata?
R: Si, il titolo è “Standing”. L’ho realizzato per un concorso
indetto dall’accademia in collaborazione con Nescafè. Volevo fare qualcosa che
riavvicinasse il pubblico al mondo dell’arte, soprattutto quella moderna,
spesso incompresa, che sto ahimè notando che si emancipa sempre di più. Il
lavoro ha avuto una buona presa sul pubblico, vederlo curioso, disinibito e
partecipe nel relazionarsi con l’opera era il successo più grande che potessi
sperare. Si divertivano, sorridevano ed era una sensazione meravigliosa.
D: In cosa consiste
questo lavoro?
R: Il concorso è partito associando ad ogni studente una capsula
differente di caffè. A me è toccato l’espresso. Il più semplice. Caffè, punto.
Potrebbe sembrare addirittura banale in effetti, ed è proprio questa banalità
che ha fatto scattare l’idea. Il caffè nelle nostre giornate è diventato parte
integrante della routine, lo prendiamo senza quasi rendercene più conto, senza
assaporarlo davvero. Una piccola cosa nascosta nella giornata, fatta in
automatismo e dimenticata. Allora ho immaginato un caffè al giorno (di media).
365. Ho creato 365 sculture, ognuna da un chicco di caffè. Li ho personificati uno
per uno, mettendogli braccia e gambe, permettendogli di stare in piedi da soli.
Presi singolarmente quasi non li vedi nemmeno. Ma poi li ho uniti. Li ho messi
in fila, in protesta. Ebbene, la fila misurava 8 metri. Così grandi,
importanti, nel loro essere piccoli. Volevo che richiamassero l’attenzione
all’importanza delle piccole cose, e sono orgogliosa di dire che ci sono
riusciti. Le persone quasi inciampavano non vedendoli, ma una volta che se ne
accorgevano si incuriosivano e si chinavano al loro livello, guardandoli,
giocandoci, scoprendoli. Ci vuole coraggio ad abbassarsi per essere all’altezza
di qualcuno.
D: Una grande
soddisfazione immagino! Passiamo al lato più social, hai un link ad una pagina,
un sito dove è possibile trovare i tuoi lavori?
R: Si, ho una pagina Facebook, Ju Jumble, dove posto un po’ tutto e
dove chiunque voglia sapere qualcosa di più può contattarmi.
Vi aspetto!
Nessun commento:
Posta un commento