T: CHI E' LUIGI MARIANO?
L: Un ragazzo che sta cercando, con tenacia ed entusiasmo, di diventare un uomo, ma senza perdere la freschezza del ragazzo.
Per farlo, ha capito (già da qualche anno) che deve cercare innanzitutto sé stesso. E dopo alcuni "giri" nel cielo, ha trovato nella musica e nelle canzoni uno strumento perfetto per metterlo in comunicazione profonda prima con sé stesso e poi con gli altri, dispensando addirittura emozioni. Siamo sulla buona strada!
T: COSA TI STUPISCE DI QUELLO CHE HAI INTORNO A TE?
L: In un mondo in cui l'incomunicabilità tra persone spesso la fa da padrona, mi stupisce ogni volta che osservo una complicità d'anime così intensa da abbattere le barriere dell'incomprensione e capirsi senza parlarsi.
In negativo invece mi stupiscono le invidie e le competizioni: se ognuno pensasse ad ottenere il massimo da sé e basta, non sarebbe frustrato dal successo degli altri.
T: LA TUA MUSICA ATTINGE PREVALENTEMENTE DA TE O DA CIO' CHE E' FUORI DA TE?
L: Entrambe le cose, ma è inutile negare che tutto parte da dentro. Sempre. Anche quando i cantastorie o gli scrittori o i registi narrano storie di personaggi apparentemente distanti anni luce da sé, se scavi bene troverai sempre dei "lati" di quei personaggi che sono la proiezione di una piccola parte della loro anima.
Sono partito con lo scrivere solo canzoni intimiste e l'ho fatto per molti anni. Poi mi sono sentito parte di un mondo e nel mio piccolo ho capito che il coraggio di dire la propria o addirittura di denunciare fosse un dovere.
T: IL TUO ULTIMO CD S'INTITOLA "ASINCRONO". COME LO RACCONTI? NE ESISTE DI GENTE "ASINCRONA" ANCHE FUORI DALLA MUSICA?
L: Era mia intenzione rappresentare nelle canzoni del disco la sensazione di "disagio" (che io provo molto spesso e, credo, tantissimi altri) nel non sentirsi in fase con qualcuno o con qualcosa che invece sta attraversando in modo molto intenso la nostra vita. Sia esso un lavoro, un'amicizia, un amore ("Asincrono" e "Non ti chiamerò"), un rapporto con il proprio padre ("Edoardo"), il rapporto con le istituzioni e con chi le rappresenta ("Il negazionista", "Cos'avrebbe detto Giorgio", "RAI libera!", "Solo su un'isola deserta"), il rapporto con la società, o semplicemente il rapporto con sé stessi in alcune giornate sbagliate o storte ("Il giorno no", "Il singhiozzo" e "Il solito giro di blues") o con sé stessi rispetto al tempo che sfugge ("Questo tempo che ho").
Era poi mia intenzione terminare il CD con la speranza di aver trovato finalmente pace e sincronismo: con una donna, nella passione e nell'amore. Ecco il perché della traccia finale "Intimità".
Fuori dalla musica c'è un sacco di gente asincrona, altroché. Solo che gli artisti hanno più acume, a volte, nel capirlo. Molti altri si vivono addosso e neanche si accorgono di vivere male e a disagio, né vogliono superare quell'empasse. Per paura.
T: IN UNA TUA BELLISSIMA CANZONE INTITOLATA QUESTO TEMPO CHE HO" CANTI QUESTE PAROLE "QUESTO TEMPO CHE HO NON MI BASTERA'". QUAL E' IL TUO RAPPORTO CON LA FRETTA? MA DAVVERO "NON ABBIAMO PIU' TEMPO"?
L: Il mio rapporto con la "fretta" è finora abbastanza malato, ma sono convinto che prima o poi lo regolarizzerò, perché ci tengo. Già ora, in mezzo al caos più totale di cose da fare (e per costruirsi una carriera ce n'è di cose da fare!), a volte stacco di botto e me ne vado a guardare il mare o a passeggiare. Sto imparando a prendermi il "mio" tempo, quello "per me". Non ho letto più libri né visto film al cinema per 4-5 anni: è stata una sofferenza. Ora ho ripreso, sono più tranquillo, leggo e guardo film, anche se non con l'intensità che vorrei. Mi sto riappropriando di ciò che è mio, dopo che piano piano le mie fatiche estreme per riuscire ad acquisire un minimo di credibilità importante nell'ambiente artistico hanno portato a stupendi risultati, tra cui recensioni, menzioni, premi, ospitate. Allora mi sono leggermente tranquillizzato, rispetto alla smania di sentirmi perennemente in ritardo, indietro, sfasato, non più giovanissimo.
In generale, consiglio a tutti di fermarsi, ogni tanto, lungo questa corsa impazzita. E godere delle piccole cose, soprattutto di ciò che ha a che fare poi coi rapporti umani che arricchiscono dentro: è ciò che resta di più, di questa vita.
T: FORSE DOPO UN PO’ UNO CI FA L’ABITUDINE, MA E’ UNA SCELTA CORAGGIOSA QUELLA DI “RIVELARE” LA PRIMA CANZONE? QUANT’E’ FORTE LA PAURA DI NON ESSERE CAPITI NEL SOGNO? COME SI VINCE?
L: Bisogna ammettere che la paura di essere derisi comincia ad andare via quando ci si sente via via più "forti", nel proprio campo, stimati e rispettati "in generale" rispetto al proprio presente e a ciò che col tempo si è costruito ed ottenuto. A quel punto avviene un fatto curioso: si tirano fuori dal cassetto le cose più impensabili. Perché ormai qualsiasi derisione non ci scalfisce più e anzi, spesso, neanche esiste, anzi tutti ci osservano con un affetto e una comprensione che all'inizio non esisteva.
Comunque la "paura di non essere capiti" è una costante degli artisti che producono opere artistiche, di qualsiasi genere. E dunque resta forte ogni qual volta si presenta al pubblico qualcosa di nuovo, anche se (o a maggior ragione) si è diventati un Paul McCartney o un Bruce Springsteen. Resta la paura di deludere chi ci ama.
Per me esiste un solo antidoto, a questa paura: la convinzione di essere stati sinceri in quello che si è fatto o si fa.
T: QUALE CANTANTE INVITERESTI PER UN CAFFE'?
L: Sarò scontato, ma ovviamente Bruce Springsteen.
Prima o poi avverrà, lo so!! Chi non conosce bene tutte le pieghe della straordinaria umanità di questo artista, si meraviglia del grande amore che i suoi fans nutrono per lui e per la sua musica. Credo che dopo aver letto da 22 anni tutte le biografie possibili su di lui, il quadro umano che mi sono fatto è talmente nitido, che mi pare di conoscerlo da una vita. E so che è un uomo straordinario, quegli uomini sia forti che umili, che infondono tenacia negli altri ma senza mai dare neanche per un attimo la sensazione di essere tronfi o pieni di sé, bensì semplici e familiari. Passione e generosità ai massimi gradi.
Tra gli italiani mi sarebbe piaciuto chiacchierare con Giorgio Gaber, spesso mi sogno anche questa scena, vorrei scrivere anzi un racconto che immagina tutto questo. Avrei molto bisogno di chiedergli delle cose. Purtroppo non è possibile.
T: VIVI A ROMA, MA AL TUO SALENTO RUBI QUALCHE ENERGIA SEGRETA?
L: Non potrei vivere se non tornassi qui in Salento a ricaricarmi.
E infatti, tra un viaggio e l'altro, vivo a Galatone 4 mesi l'anno, suonando in giro per la provincia e respirando il mare, le colline, le strade d'infanzia. Questa terra la amo. E' un vero peccato constatare qualche difetto insopportabile insito ancora nella mentalità di qualcuno (magari un po' chiusa o sciatta o cafona), perché per il resto è una terra adorabile.
Credo di portarmi ogni volta dietro le radici, la passione.
E soprattutto, come tutti quelli del sud in particolare, la voglia di tornare.
T: REGALAMI LA DEDICA DI UN TUO CD.
L: Ad Alberto,
che sa scrutare con rara sensibilità nell'anima segreta delle persone per arricchirsi e capire, trasformando spesso tutto in scrittura creativa, in sogno e in umanità!
Con affetto.
Luis
PER INCONTRARE LA MUSICA DI